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Sarà una brutta estate



Sarà una brutta estate. Lo dice un consigliere economico della Casa Bianca, Stephen Moore. "Sarà un momento difficile per il commercio al dettaglio" ha avvertito, mostrandosi però ottimista sulla ripresa d'autunno (Newsweek). Una previsione dura, non certo inattesa e che purtroppo vale non solo per gli Statti Uniti ma anche per buona parte del resto del mondo. 

E intanto Warren Buffett, l'oracolo di Obama, non sta comprando nulla (NYTimes). Pwerché? Per uns emplice motivo: neppure lui sa cosa potrò succedere nei prossimi mesi o nei prossimi anni. Il che appare stupefacente e inquietante al tempo stesso, se non fosse il medesimo atteggiamento che hanno tanti altri  finanzieri e manager di mezzo mondo, a cominciare da quelli petroliferi (TumPost). Nessuno sa prevedere le ricadute e i tempi di questa crisi globale, l'influsso che avrà sui comportamenti e le scelte di miliardi di persone. Di conseguenza prevale il realismo il che, nel caso di Buffett, significa non spendere (NYTimes).
E in Italia? Va male, anzi peggio. In attesa di un  decreto "aprile" che sarà di maggio - per il quale il governo avrebbe previsto uno stanziamento complessivo di 55 mld -, bisogna affidarsi alla Nota di aggiornamento del Def (Nadef) che sconta le nerissime previsioni - attese - del governo. Secondo Gualtieri l’indebitamento pubblico salirà a +155,7% a fine anno e dovrebbe rimanere in zona 152% per il 2021. Simili gli scenari elaborati dell'Osservatorio dei conti pubblici di Cottarelli (leggi qui).
. La previsioni di crescita - anzi, a questo punto, di decrescita - sono spaventose: il Pil dovrebbe scendere a -8% (per il Fmi addirittura del 9,1%) e l'auspicato recupero del 2021 non dovrebbe andare oltre al +4,7%.. Il tutto mentre il deficit balzerà fino al 10,4%.
Una situazione che lascia ben poche alternative se non sperare nel Recovery Fund e anche al Mes senza condizioni per spese sanitarie dirette e indirette. Oltre alla già concessa flessibilità e alla possibilità di sfondare gli obbiettivi di rientro dal debito finora imposti dalla Ue. Europa più benevola e Bce che ha aperto i cordoni della Borsa fino ai titoli spazzatura. Con la spada di Damocle della Corte costituzionale tedesca che pende sulla testa e che implica pesanti potenziali condizionamenti sul futuro della stessa Ue (Il Post). 
"Con la sua decisione, inoltre, la corte di giustizia tedesca apre inevitabilmente la strada a nuovi ricorsi contro l’attuale programma di acquisto di titoli da parte della BCE, il PEPP, messo in piedi il 26 marzo per contrastare gli effetti della crisi economica causata dal coronavirus. Questa settimana la Corte ha approvato il programma di acquisto del Quantitative Easing ma non è detto che lo farà la prossima volta con il PEPP, con tutte le conseguenze potenzialmente molto gravi che questa decisione potrebbe avere". (Il Post)
Torniamo all'Italia. I conti non tornano già adesso, nelle previsioni e, forse, anche nella cassa. Almeno in attesa deegli altri via libera della Ue. Non è da escludere che, litigi a parte dentro la maggioranza, dietro i tempi lunghi del governo nel varare un decreto atteso da milioni di cittadini, soprattutto aziende e autonomi,  oltre che dai lavoratori e dai cittadini in genere, vi siano anche i buchi di cassa dettati dalla ricaduta catastrofica nelle entrate dello Stato in questi due mesi di lockdown (La Repubblica). Sul futuro immediato pesano i conti delle mancate riaperture e il costo sociale delle aziende che, fra tracollo in questi due mesi, misure di sicurezza da prendere compreso l'adeguamento dei locali, e un possibile-probabile diverso approccio e  mutamento dei gusti dei consumatori, rischiano in una percentuale notevole di non riaprire più. Secondo Unimpresa almeno il 30% di bar e ristoranti rischi di non riaprire più, con un impatto pari a 250 mld in meno di fatturato sul Pil e 80 mld in meno di gettito fiscale per lo Stato (QuiFinanza). Oltre tutto il calcolo potrebbe essere per difetto e non potranno essere sufficienti gli eventuali finanziamenti a fondo perduto che rischiano di essere una panacea temporanea per imprese il cui mercato della domanda si è improvvisamente ristretto. La realtà è che, in questo Stato già inefficiente prima e con debito pubblico immenso, era già un equilibrismo restare a galla. Ora, senza una valanga di soldi, ma soprattuttosenza  una energica e velocissima modernizzazione dello Stato, non avremo un domani. Senza una precisa idea - e atti conseguenti - su quale sarà l'Italia che guarda al 2050 o solo al 2030, quali saranno le sue vocazioni, le sue industrie trainanti, senza una svolta decisamente green, sostenibile, con un rafforzamento - anche a scapito dei privati - del welfare e dei servizi pubblici (sanità e istruzione su tutte), senza tutto questo sarà complicato, molto complicato uscirne

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