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Vincere le primarie. E perdere Washington?


La paura fa Sanders. Dopo il Super martedì, la campagna per le presidenziali americane cambia decisamente rotta. Quasi l'inverte. E la direzione, in questo caso, è nebulosa, incerta. Sconosciuta.
Nelle primarie democratiche , l'ex vice di Obama, Joe Biden si è ripreso dai rovesci
della prima fase della campagna delle primarie, quella che aveva consacrato Bernie Sanders come il candidato più forte, è ora sembra lanciato alla conquista della nomination di luglio, a Milwaukee.
Uno tsunami, lo definiscono la gran parte dei media. Ecco intanto cosa è successo nei due grafici de The New York Times:




I risultati

In sostanza, anche se il voto non è ancora definitivo ma i margini di recupero sono improbabili, Biden si è preso la gran parte degli Stati, lasciando a Sanders la "pesante" California (non ancora in modo definitivo), lo Utah e il Colorado. La spiegazione è fin troppo semplice: il ritiro, alla vigilia del voto, di Pete Buttigieg e Ami Klobuchar, esponenti dell'ala centrista dei Dem ha fatto convergere i voti (e i finanziamenti) di questi ultimi sul candidato più vicino a loro, quindi Biden. Inoltre, io suo vantaggio e la sua posizione saranno anche rinforzati da un altro fattore, maturato subito dopo gli esiti delle primarie: Michael Bloomberg, l'ultramiliardario ex sindaco di New York, che finora ha investito 500 mln di dollari e che aveva puntato tutto sul Super Martedì dopo aver trascurato i primi test, ha preso atto del suo fallimento e annunciato il ritiro e il suo appoggio - probabilmente anche finanziario - a Joe Biden. Un passo indietro compiuto con profonda amarezza, ma che dimostra come una candidatura agli Stati Uniti e una vittoria alle primarie non si possono (ancora) acquistare con una montagna di denaro. (Leggi qui)
In pista resta solo la professoressa di Harvard Elisabeth Warren, altra esponente dell'ala sinistra ma differente dal socialista Sanders, invece per il momento vuole andare a avanti. Non si Sto arrivando! fino a quando anche perché dalla tornata del SuperMartedì ha portato a casa solo 8 delegati in più, troppo pochi per sperare anche solo di poter arrivare alla convention finale con un pacchetto tale da condizionare il possibile candidato alla presidenza. E tantomeno per coltivare il sogno di spuntare come la figura di mediazione  quando nessuno degli altri due pretendenti è tanto forte da vincere.

Gli scenari pre-Super martedì

L'affermazione di Biden, come notano in pratica tutti gli analisti, è conseguente alla mobilitazione dei vertici dei Dem, spaventati della possibile affermazione di Sanders e quindi della sua ipoteca sulla candidatura. Un peso importante e una parola decisiva sarebbe giunta dalla strategia discreta e dietro le quinte di Barack Obama. Da qui, oltre che dalla constatazione del fallimento, sono nate le rinunce di Buttigieg (che, non a caso, ha ottenuto la promessa di un premio da una Biden eventualmente presidente) e della Klobuchar. Non manca chi vede anche, nella resistenza della Warren, una voluta non ingerenza dei vertici Dem in quanto la senatrice del Massachuttes va a pescare nello stesso elettorato - bianco, giovane, colto, molto liberal - di Sanders.
"Her campaign manager, Roger Lau, wrote in an email to staff members on Wednesday morning that Ms. Warren was assessing her options. Mr. Lau said the team was “obviously disappointed,” writing, “We fell well short of viability goals and projections.” As for the next steps, he said Ms. Warren was “going to take time right now to think through the right way to continue this fight.”
La Warren è molto delusa dal voto  - è arrivata terza anche nel suo Stato - ma, appunto, si prende un po' di tempo per valutare le prossime mosse e se decidere di ritirarsi dalla corsa. Sanders dal canto suo non vuole premere sulla docente, ma i suoi non nascondono che è un buon segno il fatto che i due siano tornati a parlarsi, dopo i duri scontri nei dibattiti. Anche perché, come ha fatto osservare Maurice Mitchell, direttore politico  del Working Families Party...
“They’re both giants of the progressive movement, and we are hopeful that they can figure out how to work together to ensure a progressive nominee and a progressive agenda in Washington”.

Breaking NewsElizabeth Warren ha deciso giovedì 5 marzo di sospendere la sua campagna. Ma non ha ancora dato indicazioni su chi vorrà appoggiare per la nomination. Leggi qui e qui

Secondo il Washington Post dallo staff di Sanders è partita una discreta ma efficace campagna di pressione per far convergere la Warren e i suoi su una comune agenza progressista e i colloqui, secondo alcune fonti, sarebbero già molto avanzati .
Cosa accadrà ora? I giochi non sono fatti: il grosso apporto di delegati dalla California tiene bene in corsa il senatore del Vermont e non è escluso che entrambi i principali protagonisti arrivino senza una maggioranza già definita. In quel caso conterebbero i superdelegati del partito e Sanders sarebbe messo fuori gioco come quattro anni fa contro Hillary Clinton.
Come scrive Amber Phillips del WaPo , Biden ha dalla sua il pragmatismo, l'elettorato nero e di chi odia Trump, ma risulta oncora debole sul versante ispanici, giovani ed è incline alle gaffe oltre a non incarnare una leadership in grado di trascinare le masse contro la corazzata populista di Trump. Dall'altro lato, invece, Bernie Sanders può contare sulla passione, sul suo radicalismo che affascina i giovani (ma non nelle urne delle primarie, solo 1 su 8 ha meno di 30 anni fra chi l'ha votato), su una leadership più definita nonostante l'età, però denuncia ancora grosse difficoltà nell'elettorato afroamericano e ha contro, come abbiamo visto, l'establishment dei Dem.
Sullo sfondo, per ora, resta una considerazione che The Atlantic affida a un passaggio: a sfidarsi per la presidenza del più potente Stato al mondo sono solo uomini e anziani: Biden ha 77 anni, Sanders 78, Trump 73. Bloomberg ne ha 78 e la sola donna rimasta in corsa, la Warren, ne ha 71. Bill Clinton, quando è stato eletto nel '93 aveva 46 anni (il più giovane presidente di sempre) e Obama 48 nel 2009. Per un Paese che ha la frontiera, l'innovazione, il sogno nel suo Dna non è un bel segnale

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