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Trumpesta -Trumpest


Contano di più una pacca sulla schiena della Regina o l'inconsueta e contro il contro il protocollo stretta di mano o l'ottimismo fuori misura sul destino della Gran Bretagna "libera dal giogo" europeo?

La risposta affidata a Trump è scontata: da americano uomo d'affari senza scrupoli le regole britanniche, i cerimoniali sono perdite di tempo, (mentre gli insulti ai progressisti sindaco di Londra e la principessa Meghan sono ammissibili!) ciò che conta sono gli accordi e soprattutto il business.
Il presidente Usa, nella sua dottrina, ha posto fin dal suo insediamento la premessa ideale: l'isola staccata dal resto del Vecchio Continente è un'opportunità per gli Usa sotto diversi fronti. Innanzitutto l'Europa ne esce comunque, pur in presenza di una hard Brexit, indebolita, il peso di Londra non è indifferente seppur mitigato dalle particolarità che ne hanno sempre fatto un partner dotato di ampia autonomia e sempre con mezzo piede fuori e mezzo dentro, in particolare laddove si decide. Quindi a un'Europa più debole sullo scacchiere mondiale, corrisponde - nell'ottica del presidente Usa - un'America più forte. Soprattutto sui mercati globali dove la forza dell'euro rende dura talvolta la vita del dollaro e dove le aziende tedesche e francesi - in qualche caso anche italiane - rappresentano un concorrente particolarmente ostico per le imprese d'oltreoceano.
Poi una Gran Bretagna  tornata a godere della sua autonomia totale, per gli Stati Uniti forti dell'antico legame rappresenta la possibilità ideale di lanciare l'offensiva del business da una piattaforma affacciata a pochi chilometri dalle coste europee. Come dire, vista dalla Casa Bianca, che l'America è arrivata quasi sulle spiagge della Normandia pronta per un altro sbarco, 75 anni dopo. Non da liberatori però, piuttosto da conquistatori. Prima della visita infatti, uno dei principali amici del presidente americano, l'ambasciatore Woody Johnson ha detto che ogni area dell'economia britannica sarà discussa quando le due parti negozieranno un accordo commerciale, sistema di assistenza sanitaria pubblica compreso. La possibilità dell'entrata in campo degli investitori privati americani nel campo sanitario ha così sollevato una levata di scudi da parte dell'opposizione che accusa i Conservatori di voler vendere la sanità pubblica. (QUI)
Terzo vantaggio: Londra con una hard Brexit e con i dazi europei sarà a sua volta più debole e avrà bisogno di merci e beni a prezzi migliori rispetto a quelli che spuntava senza le frontiere all'interno di un'area commerciale forte di 600 milioni di cittadini-consumatori. Quindi, è il ragionamento di Trump, per evitare il costo della Brexit calcolato nel quasi 4% del Pil in 10 anni, 100 mld di sterline (QUI), i britannici si butteranno nelle braccia degli ex coloni che saranno pronti e generosi nello stipulare quegli accordi "fenomenali" (come li ha definiti lo stesso presidente):
..."Trump ha detto che il «potenziale è immenso» e gli scambi commerciali tra i due Paesi potrebbero «raddoppiare o triplicare» rispetto agli attuali 190 miliardi di sterline. Anche gli investimenti di mille miliardi di sterline potrebbero aumentare ulteriormente". (Il Sole 24 Ore)
Tutto bene, quindi, tutto come vorrebbe Trump e brutte notizie per l'Europa?
Non proprio. Innanzitutto sul piano dell'immagine con la sua goffaggine e le sue trovate anti-protocollo Trump è riuscito nell'impresa di rendere ancora più grande la figura della regina Elisabetta, amatissima dai suoi sudditi che certo la preferiscono nella sua lenta marcia tra la modernità senza rinnegare i principi della monarchia costituzionale. La sua spudorata propaganda pro Brexit ha finito per rafforzare proprio il campo anti-separazione che punta su un secondo referendum al quale, stavolta, potrebbe dare il suo libera proprio il laburista "rosso" Corbyn che, eni giorni della visita, è stato abile nel mettersi alla testa delle proteste anti Usa. Trump tifa in modo imbarazzante per il probabile, prossimo successore di Theresa May alla testa dei Conservatori, quel Boris Johnson che ora ammette la possibilità che il suo partito possa perfino arrivare all'estinzione (QUI). Johnson comunque, vuole andare a trattare di nuovo con la Ue pur portando il suo Paese fuori. Di accordi bilaterali con gli Usa se ne parlerà dopo. E poi, se a breve sulla spinta di una hard Brexit, si tornasse al voto a decidere cosa fare con l'America e non solo, potrebbe essere Nigel Farage, leader dei separatisti ma non disposto, per la sua formazione, a farsi avvincere dalle spire americane, o peggio ancora (per Trump)  il "rosso" Jeremy Corbyn. Senza contare che Johnson o Farage, la Gran Bretagna andrà ancora a trattare con la Ue e nel frattempo le speciali relazioni e soprattutto gli affari bilaterali non decolleranno. Poi non si saprà quanto potranno essere "fenomenali" in quanto gli Stati Uniti sono già il principale investitore in Gran Bretagna e questa ultima, viceversa, è la maggiore investitrice negli Usa. (QUI) e (QUI).

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