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E lo chiamano robot


Il mondo prossimo venturo sarà dei robot o è solo una delle  rituali minacce millenaristiche che rischiano di impattare e non essere confermate una volta che devono affrontare la prova della realtà nella sua versione più complessa.

Eppure se da un lato l'avanzata dell'intelligenza artificiale, dei robot e dell'automazione sembra ed è inevitabile, dall'altro per forza non dev'essere una cattiva notizia e non deve per forza far disegnare scenari drammatici per gli umani e per il mondo del lavoro.
A sostenerlo uno studio del Fondo monetatrio internazionale che prende l'esempio del Giappone, un Paese che deve fare i conti con una denatalità arrembante, fra le più veloci fra i Paesi più avanzati e proprio per questo fra le economie più esposte alla possibilità di un impatto drammatico su produzione e lavoro. Ma anche altri paesi non vanno bene, in prospettiva, basta osservare il grafico qui sotto:

Ad esempio il calo rilevante della popolazione in Italia, attorno ai 52 milioni  nel 2050, e il contemporaneo aumento degli ultra settantenni avranno una ricaduta sui servizi e sull'industria non manifatturiera in particolare, di cui è arduo oggi definire i contorni e i costi. Un dato, tra l'altro, che potrebbe aggravarsi ulteriormente con le strette e le politiche xenofobe che cercheranno di limitare gli ingressi degli immigrati, anche quelli fra i più istruiti. Non va dimenticato che un clima ostile terrà lontano i più preparati ma non certo i più disperati e poveri.

"La popolazione stimata del Giappone è diminuita di un record di 264.000 persone nel 2017. Attualmente, le morti sono più numerose di una media di 1.000 persone al giorno. La regione del Tohoku nel nord del Giappone, ad esempio, ora ha meno abitanti di quanto non fosse nel 1950. Il tasso di natalità del Giappone è stato a lungo significativamente al di sotto delle 2,1 nascite di cui una donna aveva bisogno per sostenere la crescita - attualmente si trova a circa 1,4 parti una donna - e diversamente per molte altre economie avanzate, l'immigrazione non è sufficiente per colmare il divario. Quasi un terzo dei cittadini giapponesi aveva più di 65 anni nel 2015: ricerche del National Institute of Population e Social Security Research indicano che il numero salirà al 40% entro il 2050. La Divisione Popolazione del Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite ha rilasciato una stima per il Giappone che mostrava che la popolazione del paese sarebbe calata sotto i 100 milioni subito dopo la metà del XXI secolo. Alla fine del secolo, il Giappone rischia di perdere il 34% della sua attuale popolazione". (tratto da Lands of the rising robots )

Per il Fmi però proprio dal Giappone arrivano segnali di speranza e di rivincita. Che sia il Giappone l'esempio non è un caso. Lo studio infatti sostiene che

"circa 700.000 robot industriali sono stati utilizzati in tutto il mondo nel 1995, 500.000 in Giappone. Il Giappone è ancora un leader nella produzione di robot e nell'uso industriale. Nel 2016 il paese ha esportato circa $ 1,6 miliardi di robot industriali, più dei cinque maggiori esportatori (Germania, Francia, Italia, Stati Uniti, Corea del Sud) messi insieme. Il Giappone è anche una delle economie più integrate al robot nel mondo in termini di "densità dei robot", misurata come il numero di robot relativi agli esseri umani nella produzione e nell'industria. Il Giappone ha guidato il mondo in questa misura fino al 2009, quando l'uso della Corea dei robot industriali è aumentato e la produzione industriale giapponese si è spostata sempre più all'estero".
E rilevato che il maggior recupero di produttività si è prodotto nell'elettronica e nell'industria automobilistica, molto rimane da fare nel settore non manifatturiero e dei servizi, che rappresentano il 75% del Pil . Alcune ricerche dimostrerebbero la ricaduta positiva di una maggiore incidenza dell'automazione anche con più lavori e incremento dei guadagni/salari, ma altri studi evidenziano i pericoli e i rischi sociali.

Lo studio del Fmi

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