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Un naufragio chiamato Jobs Act. E i nuovi dati lo confermano

D'accordo c'è il terremoto, c'è il momento del silenzio, del rispetto e delle lacrime - come ha sproloquiato a suo costume e  fin troppo il premier invece di parlare di numeri concreti e prospettive realistiche - ma l'economia, la crisi e soprattutto le conseguenze per tutti noi restano. E non vanno neppure in ferie, purtroppo.

Così tra il dolore per il disastro e i morti rischia di passare via la notizia più deflagrante per il governo e per i prossimi mesi cruciali per dare segnali di come cercare di non ripiombare in una recessione peggiore di quella passata (anzi ancora qui).
Per dare un'idea di come il dato è stato terremotato dalla stampa italiana, nella sua stragrande maggioranza, basta osservarne la collocazione di Repubblica, un tempo giornale leader del progressismo italico: a pagina 31, al piede, 30 righe scarse,  due righette di titolo : "Crollano i contratti stabili: -84%, continua il boom dei voucher".
-84%, meno 84%!
Nei primi sei mesi dell'anno l'Inps ha certificato questo crollo rispetto allo stesso periodo del 2015: 845 mila 392 contratti  tempo indeterminato (comprese trasformazioni e apprendistato) contro 770 mila 890 cessazioni  e un saldo "positivo" di 74 mila 502 unità. L'84% in meno appunto. Il motivo: abbastanza semplice: gli incentivi (la decontribuzione prevista per tre anni) calati dal 100 al 40%, quindi assumere non conviene più, altro che spinta all'offerta di lavoro.
Semplicemente molti, moltissimi, troppi l'anno scorso hanno virato dal lavoro a tempo determinato e dall'apprendistato per scegliere il cosiddetto "tempo indeterminato" (che tale non è dopo la cancellazione dell'articolo 18) e adesso non lo fanno più. Anzi il dato che nello stesso trimestre sono stati venduti 69,9 milioni di voucher con un aumento del 40% rispetto al 2015 (primi sei mesi, naturalmente) potrebbe essere la prova dell'indirizzo scelto da numerose imprese (l'obiezione dei lavori stagionali non tiene perché i dati arrivano fino a giugno e quindi lasciano fuori buona parte della stagione turistica; e poi quest'ultima arriva ogni anno!): meglio il voucher che un'assunzione, il voucher costa molto di meno, non vincola, è stra-flessibile, condiziona il lavoratore e lascia le mani completamente libere all'imprenditore.
Ma soprattutto precarizza ancora di più, contribuisce per un'inezia al sistema previdenziale e il suo minino contributo verrà fagocitato dal sistema Fornero.
Su questo sito qualche dato in più che mostra non solo la stasi del mercato del lavoro, ma il fallimento dei principi alla base del Jobs Act e l'ipotesi - come diciamo sopra - che u voucher siano la nuova frontiera del lavoro futuro, con tutto quanto significa. Senza dimenticare che quando si andrà a scavare probabilmente si scoprirà che i voucher sono diventati la nuova frontiera dello sfruttamento a un passo dal nero ( vedere qui)e forse peggio di quando, nel recente passato, si abusava della partita Iva inserendo in questa categoria anche i dipendenti, naturalmente imponendoglielo.
Esemplare sugli abusi è questa storia che arriva dal Veneto. Una dimostrazione, fra tante, che le correzioni annunciate e, in parte introdotte, dal ministro Poletti non servono.

Ma a rovinare la narrazione renziana arrivano anche gli ultimi dati, dell'Istat stavolta. Criteri diversi, ma risultato sostanzialmente convergente.  Infatti a luglio il tasso di disoccupazione è sceso  all'11,4%, con un calo di 0,1 punti rispetto a giugno. Ma il problema è che scendono anche gli occupati. A  luglio meno 1,3% (-39 mila), però , quando si parla di Istat, la discesa dei disoccupati coincide con l'aumento di chi non cerca più il lavoro, ovvero gli inattivi. Comunque gente che non lavora. Così non stupisce che il  tasso di occupazione scenda  a luglio al 57,3%, -0,3 rispetto a giugno, - 63 mila. Così s'interrompe la catena di quattro aumenti consecutivi. Nel dettaglio riguarda più le donne (il fattore debole nei momenti di crisi) e gli autonomi mentre invece non  varia di molto il numero dei dipendenti. Dove, anzi , gli occupati calano sotto i 49 anni e aumentano, paradossalmente, fra gli over 50. Non è che si assuma di più in quest'ultima classe, è che diminuendo il numero degli occupati cresce la percentuale di chi il lavoro ce l'ha e lo conserva: gli over 50 appunto.

39,2 %
A pagare sempre i più giovani, a luglio  sale infatti il tasso di disoccupazione giovanile: il tasso fra i 15 e i 24 anni di disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati), è pari al 39,2%, + 2% rispetto a giugno.

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