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Un naufragio chiamato Jobs Act - parte seconda

Settantaseimilatrecentoventiquattro. Un numero, 33 lettere di un fallimento. Sono il saldo attivo fra contratti attivati e quelli cessati da gennaio a luglio, fra i 972.946 contratti a tempo indeterminato
stipulati (comprese le trasformazioni di contratti a termine e di apprendistato) e gli 896.622 chiusure (licenziamenti, dimissioni e abbandoni per pensionamenti). In dettaglio, giusto per farsi un'idea, nello stesso periodo dello scorso anno con gli incentivi al 100 per cento di sgravi contro il 40 per cento il saldo attivo era stato di 465 mila 143 lavoratori, l'83,5 per cento in più dell'attuale. Senza dimenticare che nel 2014 in piena crisi il saldo positivo era arrivato a 129 mila 163 unità.
Prodigi del Jobs act renziano (vedere il precedente) quello che, tra l'altro ha abolito l'articolo 18, "colpevole" di tutti i disastri nel mondo del lavoro, senza il quale si era detto il mercato delle assunzioni sarebbe volato. Il che non è avvenuto, nemmeno con la spesa di oltre 15 miliardi che avrebbero potuto essere usati con ben altri risultati per politiche di diverso conio.
Ma non va dimenticato  - mentre ricordiamo che il Jobs Act assomiglia molto alla recente legge El Khomri in Francia - un altro particolare: nonostante lo strombazzamento sulle assunzioni a tempo indeterminato (e a licenziamento al pari indeterminato), l'unico segno più di una certa rilevanza spunta sui voucher, nuovo strumento per la precarizzazione definitiva del lavoro per di più sottopagato: secondo i dati dell' osservatorio sul precariato dell’Inps uscito ieri, di voucher ne sono stati venduti 84,3 milioni, più 36,2 per cento rispetto ai primi sette mesi dello scorso anno sullo stesso periodo del 2015 quando l'aumento sul 2014 era stato del 73 per cento. Il motivo lo si deve all'estensione in pratica a tutte le prestazioni dell'uso dei voucher una volta previsti solo per alcuni lavori stagionali. Oggi l'uso è diventato lo strumento per evitare assunzioni e il decreto del governo per la comunicazione preventiva del datore dei lavoro su giorno, ora e luogo dell'impiego si fa ancora attendere, anche se come misura non basterà ancora dicono i sindacati.


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