Storie di robot e umani depressi. Storie di umani speranzosi e buste arancioni che le speranze stesse abbattono. Storie di illusi e di visionari. Storie di lavori che ci sono oggi e domani saranno dissolti.
Il futuro prossimo venturo è dietro l'angolo eppure non lo si vuol vedere perché si sa già che non sarà bello e piacente, delizioso come nei decenni del secolo breve.
Tutto parte da una trasmissione in cui una barista persa ad esempio racconta di come a ricevuto la già mitica "busta arancione " dell'Inps in cui l'istituto fa una proiezione della pensione che spetta al destinatario in costanza di lavoro. Il risultato per la giovane signora è di 1400 euro (lordi) al mese, forse neppure mille alla fine, ma da cominciare a riscuotere non prima dei 70 anni. Se andrà bene. E se la signora (con i mille auguri di questi casi) se li potrà godere. Intanto da adesso ad allora, ovvero per i prossimi 40 anni, dovrà andare avanti a sfornare caffè, sei giorni su sette, dispensare croissant e bibite, estati e inverni. Sognando i 1400 euro al mese (lordi).
Nella trasmissione però c'è un visionario, il professor Domenico De Masi che, quando la signora barista alla domanda della giornalista su quale è stata la sua reazione alla busta ha risposto "Mi sono messa a ridere, sono ironica io", sobbalza. E quando la signora in questione insiste e sostiene di "sperare" che il giorno del ritiro sarà diverso, insorge: "Ecco qui in Italia siamo così: lei sorride, in Francia dove i giovani si stanno rendendo conto del loro futuro e stanno scendendo in piazza per questo, una sua simile si sarebbe arrabbiata e non poco".
Il sociologo ha poi appreso che la signora barista non vota, non capisce nulla e nessuno, non s'informa, spera - ecco ancora il vocabolo nazionale - che ci sia qualche politico che si faccia capire, che parli chiaro e via dicendo. Ecco il prototipo non dell'italiano generico, ma di colui (o colei) che riceverà o sta ricevendo la "busta arancione". Spera lui (o lei), lo stolto. Sorride, magari ci scherza sopra, e spera. Che tanto cambierà, come è sempre successo, pensa, che qualcuno la cambierà senza cambiare in realtà nulla. Che qualcuno modificherà le pensioni magari riportandole al passato. E se anche avvenisse, senza interrogarsi sul prezzo. Che, e questa è la certezza, la pagherebbero di sicuro i più deboli.
Perché? Perché il professor De Masi è stato molto più chiaro ditanti giornalisti o tanti economisti che dissertano di libero mercato, di globalizzazione e Internet delle Cose senza sapere o dire in realtà quel che ciò significa: che i posti di lavoro stanno calando in queste recessione che si avvia a diventare secolare, e non torneranno più a crescere, i posti si bruciano a una velocità crescente e i pochi che si creano non basteranno certo a rimpiazzarli.
"E' la tecnologia, bellezza. E non ci puoi fare nulla". Il problema non sono le pensioni sempre più magre che ci aspettano e i lunghi anni che serviranno per aggiudicarsele, ma il lavoro che quelle pensioni dovrebbe pagarle e mantenerle, il lavoro che dovrebbe produrre reddito. Un lavoro che è sempre meno umano e sempre più appannaggio dei robot o dei computer. Ecco un po' di dati dell' Internazionale
L'American Association for Advancement of Science ha detto che entro la metà del secolo i robot dall'intelligenza artificiale toglieranno il 50% dei lavori all'uomo. Altro che seconda rivoluzione industriale!Non si salverà quasi nessuno, non la classe operaia già oggi agonizzante, ma neppure il mondo del professionismo. Con quali conseguenze?
Ecco cosa c'è dietro la busta arancione e dentro la risposta della barista che non vota, non sa cosa sono comunismo e diritti, cosa sono state le lotte che hanno garantito proprio quei diritti che ora ilo capitalismo finanziario della crisi sta mettendo in discussione, che spera nel mitico uomo solo che in Italia dovrebbe sempre mettere a posto tutto e invece provoca altri disastri e altre disuguaglianze.O magari la barista ha ragione perché un giorno a decidere ci sarà una sola intelligenza. Artificiale. Che non manderà buste arancioni.
Le vie d'uscita? Arduo individuarle, solo teoriche per ora. Ma che implicano una rivoluzione sociale che dovrà andare di pari passo con quella tecnologica. Secondo il professor De Masi si porrà ancora più necessaria una redistribuzione del reddito, tassando quelli più alti per consentire di finanziare pensioni e numeri crescenti di disoccupati. E magari tassando l'investimento in macchine pensanti e detassando chi torna a investire in esseri pensanti.
Ma tra i teorici del futuro c'è chi va più in là ipotizzando (leggere qui) un mondo con gente senza un lavoro per la quale prevedere un reddito di vita (molto simile al reddito di cittadinanza di cui si parla oggigiorno) che consenta di vivere un'esistenza in cui coltivare passioni e culture mentre i robot agiscono e lavorano per noi.
Il futuro prossimo venturo è dietro l'angolo eppure non lo si vuol vedere perché si sa già che non sarà bello e piacente, delizioso come nei decenni del secolo breve.
Tutto parte da una trasmissione in cui una barista persa ad esempio racconta di come a ricevuto la già mitica "busta arancione " dell'Inps in cui l'istituto fa una proiezione della pensione che spetta al destinatario in costanza di lavoro. Il risultato per la giovane signora è di 1400 euro (lordi) al mese, forse neppure mille alla fine, ma da cominciare a riscuotere non prima dei 70 anni. Se andrà bene. E se la signora (con i mille auguri di questi casi) se li potrà godere. Intanto da adesso ad allora, ovvero per i prossimi 40 anni, dovrà andare avanti a sfornare caffè, sei giorni su sette, dispensare croissant e bibite, estati e inverni. Sognando i 1400 euro al mese (lordi).
Nella trasmissione però c'è un visionario, il professor Domenico De Masi che, quando la signora barista alla domanda della giornalista su quale è stata la sua reazione alla busta ha risposto "Mi sono messa a ridere, sono ironica io", sobbalza. E quando la signora in questione insiste e sostiene di "sperare" che il giorno del ritiro sarà diverso, insorge: "Ecco qui in Italia siamo così: lei sorride, in Francia dove i giovani si stanno rendendo conto del loro futuro e stanno scendendo in piazza per questo, una sua simile si sarebbe arrabbiata e non poco".
Il sociologo ha poi appreso che la signora barista non vota, non capisce nulla e nessuno, non s'informa, spera - ecco ancora il vocabolo nazionale - che ci sia qualche politico che si faccia capire, che parli chiaro e via dicendo. Ecco il prototipo non dell'italiano generico, ma di colui (o colei) che riceverà o sta ricevendo la "busta arancione". Spera lui (o lei), lo stolto. Sorride, magari ci scherza sopra, e spera. Che tanto cambierà, come è sempre successo, pensa, che qualcuno la cambierà senza cambiare in realtà nulla. Che qualcuno modificherà le pensioni magari riportandole al passato. E se anche avvenisse, senza interrogarsi sul prezzo. Che, e questa è la certezza, la pagherebbero di sicuro i più deboli.
Perché? Perché il professor De Masi è stato molto più chiaro ditanti giornalisti o tanti economisti che dissertano di libero mercato, di globalizzazione e Internet delle Cose senza sapere o dire in realtà quel che ciò significa: che i posti di lavoro stanno calando in queste recessione che si avvia a diventare secolare, e non torneranno più a crescere, i posti si bruciano a una velocità crescente e i pochi che si creano non basteranno certo a rimpiazzarli.
"E' la tecnologia, bellezza. E non ci puoi fare nulla". Il problema non sono le pensioni sempre più magre che ci aspettano e i lunghi anni che serviranno per aggiudicarsele, ma il lavoro che quelle pensioni dovrebbe pagarle e mantenerle, il lavoro che dovrebbe produrre reddito. Un lavoro che è sempre meno umano e sempre più appannaggio dei robot o dei computer. Ecco un po' di dati dell' Internazionale
L'American Association for Advancement of Science ha detto che entro la metà del secolo i robot dall'intelligenza artificiale toglieranno il 50% dei lavori all'uomo. Altro che seconda rivoluzione industriale!Non si salverà quasi nessuno, non la classe operaia già oggi agonizzante, ma neppure il mondo del professionismo. Con quali conseguenze?
"Se macchine intelligenti saranno presto capaci di fare praticamente qualsiasi cosa che fanno gli esseri umani, cosa faremo noi umani?"La domanda è del professore Moshe Vardi, docente di computer science alla Rice University del Texas e dà la misura delle implicazioni di questa rivoluzione che, per la prima volta, l'essere umano sta subendo e non promuovendo.
Ecco cosa c'è dietro la busta arancione e dentro la risposta della barista che non vota, non sa cosa sono comunismo e diritti, cosa sono state le lotte che hanno garantito proprio quei diritti che ora ilo capitalismo finanziario della crisi sta mettendo in discussione, che spera nel mitico uomo solo che in Italia dovrebbe sempre mettere a posto tutto e invece provoca altri disastri e altre disuguaglianze.O magari la barista ha ragione perché un giorno a decidere ci sarà una sola intelligenza. Artificiale. Che non manderà buste arancioni.
Le vie d'uscita? Arduo individuarle, solo teoriche per ora. Ma che implicano una rivoluzione sociale che dovrà andare di pari passo con quella tecnologica. Secondo il professor De Masi si porrà ancora più necessaria una redistribuzione del reddito, tassando quelli più alti per consentire di finanziare pensioni e numeri crescenti di disoccupati. E magari tassando l'investimento in macchine pensanti e detassando chi torna a investire in esseri pensanti.
Ma tra i teorici del futuro c'è chi va più in là ipotizzando (leggere qui) un mondo con gente senza un lavoro per la quale prevedere un reddito di vita (molto simile al reddito di cittadinanza di cui si parla oggigiorno) che consenta di vivere un'esistenza in cui coltivare passioni e culture mentre i robot agiscono e lavorano per noi.
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