Christiane Amanpour, che è una che se ne intende di campagne elettorali e dintorni, sostiene che dopo decenni queste elezioni sono le prime "ideologiche". La famosa giornalista è difficile che fallisca nelle sue interpretazioni.
I risultati dell'Iowa (qui) parlano chiaro: hanno vinto i più ideologizzati, Bernie Sanders e Ted Cruz (rispettivamente all'estrema sinistra e all'estrema destra), con Donald Trump destinato all'inutile ruolo del populista che scalda le piazze ma alla fine resta con il cerino in mano e tanti voti che non bastano per alcun traguardo. Ma basta allungare lo sguardo per capire che nessuno di questi può arrivare alla convention in cui verranno designati i veri candidati alla corsa finale verso la Casa Bianca. Sullo sfondo infatti si stagliano coloro che, a meno di eventi imprevedibili, saranno i campioni della sfida finale, ovvero Hillary Clinton e Marco Rubio.
Sia Sanders che Cruz sanno benissimo che l'establishment dei loro partiti non darà mai il disco verde, anche se continuassero a prendere voti (e delegati): troppo radicali per vincere e guidare la maggior potenza al mondo, troppo divisivi per la società americana, controversa e molteplice in ogni aspetto, troppo partigiani. Troppo tutto. E troppo è anche Trump. Nessuno di questi può raccogliere e mettere insieme nello stesso cesto il voto dei ricchi e quello dei poveri, quello bianco con quello nero, quello ispanico e quello delle altre cento etnie.
Per la Clinton e Rubio, ovviamente il discorso è diverso. Ma se gli elementi più radicali dovessero continuare a raccogliere voti (e delegati), parlando alla pancia del Paese, ma anche alle teste e al cuore dei giovani e alle loro attese di onestà, pulizia e attacco al mondo degli affari che governa il mondo (Sanders), alla fine i due sfidanti finali dovranno prestare ascolto ai "duri" e al loro elettorato e cedere loro qualcosa. Particolare con il quale, grazie alla sua vittoria larga e consolidata nel Paese e in gran parte degli Stati (Sud in parte compreso) Obama non ha mai dovuto fare i conti.
L'America di Obama è uscita dalla peggior crisi del dopoguerra, ha guadagnato milioni di posti di lavoro, ha raggiunto l'indipendenza petrolifera, ma ai suoi cittadini sembra importare altro: che America il nuovo presidente dovrà costruire. Ecco che vengono alla luce le passioni ideologiche: coltivare e aumentare i ricchi o battersi per l'equità, colpire e limitare le nefandezze di Wall Street o lasciare campo libero alle diseguaglianze, rilanciare la forza dell'America nel mondo o dare seguito alla politica culminata con l'accordo nucleare con l'Iran. Su questi temi il nuovo presidente dovrà non scordare le sue ali estreme. Per questo, se confermeranno il risultato dello Iowa nel New Hampsire, Cruz, Sanders e anche Trump avranno un'arma formidabile contro i futuro presidente. E dietro un bel po' di cittadini che, pur preoccupati dell'economia o del terrorismo, chiedono una risposta che sia anche ideale.
I risultati dell'Iowa (qui) parlano chiaro: hanno vinto i più ideologizzati, Bernie Sanders e Ted Cruz (rispettivamente all'estrema sinistra e all'estrema destra), con Donald Trump destinato all'inutile ruolo del populista che scalda le piazze ma alla fine resta con il cerino in mano e tanti voti che non bastano per alcun traguardo. Ma basta allungare lo sguardo per capire che nessuno di questi può arrivare alla convention in cui verranno designati i veri candidati alla corsa finale verso la Casa Bianca. Sullo sfondo infatti si stagliano coloro che, a meno di eventi imprevedibili, saranno i campioni della sfida finale, ovvero Hillary Clinton e Marco Rubio.
Sia Sanders che Cruz sanno benissimo che l'establishment dei loro partiti non darà mai il disco verde, anche se continuassero a prendere voti (e delegati): troppo radicali per vincere e guidare la maggior potenza al mondo, troppo divisivi per la società americana, controversa e molteplice in ogni aspetto, troppo partigiani. Troppo tutto. E troppo è anche Trump. Nessuno di questi può raccogliere e mettere insieme nello stesso cesto il voto dei ricchi e quello dei poveri, quello bianco con quello nero, quello ispanico e quello delle altre cento etnie.
Per la Clinton e Rubio, ovviamente il discorso è diverso. Ma se gli elementi più radicali dovessero continuare a raccogliere voti (e delegati), parlando alla pancia del Paese, ma anche alle teste e al cuore dei giovani e alle loro attese di onestà, pulizia e attacco al mondo degli affari che governa il mondo (Sanders), alla fine i due sfidanti finali dovranno prestare ascolto ai "duri" e al loro elettorato e cedere loro qualcosa. Particolare con il quale, grazie alla sua vittoria larga e consolidata nel Paese e in gran parte degli Stati (Sud in parte compreso) Obama non ha mai dovuto fare i conti.
L'America di Obama è uscita dalla peggior crisi del dopoguerra, ha guadagnato milioni di posti di lavoro, ha raggiunto l'indipendenza petrolifera, ma ai suoi cittadini sembra importare altro: che America il nuovo presidente dovrà costruire. Ecco che vengono alla luce le passioni ideologiche: coltivare e aumentare i ricchi o battersi per l'equità, colpire e limitare le nefandezze di Wall Street o lasciare campo libero alle diseguaglianze, rilanciare la forza dell'America nel mondo o dare seguito alla politica culminata con l'accordo nucleare con l'Iran. Su questi temi il nuovo presidente dovrà non scordare le sue ali estreme. Per questo, se confermeranno il risultato dello Iowa nel New Hampsire, Cruz, Sanders e anche Trump avranno un'arma formidabile contro i futuro presidente. E dietro un bel po' di cittadini che, pur preoccupati dell'economia o del terrorismo, chiedono una risposta che sia anche ideale.
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