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Usa 2016 - Fatal Nevada

C'è poco da dire e molto da riflettere. Donald Trump nonostante gli ancora pochissimi delegati ma il vento dell'entusiasmo lo sta spingendo. Questo nonostante l'opposizione del suo partito a questo punto letteralmente terrorizzato di una candidatura del miliardario estremista e populista.

Ad aumentare i timori in casa repubblicana le performance scarse di Marco Rubio (nel Nevada ha ottenuto poco meno del 24% dei voti contro l'oltre 45 di Trump) e anche Ted Cruz, coccolato dal Tea party ha superato di poco il 21%.
Trump vola con l'ottimismo dei suoi sostenitori che esaltano il voto di pancia. Ma nonostante queste vittorie, proiettare i suoi discorsi e i suoi piani sul livello nazionale e internazionale resta più di un azzardo. Anche il 45% ottenuto nel caucus del Nevada (una sorta di congressi di partito, aperti solo ai registrati) non va sopravvalutato, seppure più di qualche analisi frettolosa  sostenga che Trump ha preso voti anche nell'elettorato latinoamericano, va ricordato che gli exit poll  hanno detto che solo l'1 per cento degli votanti repubblicani erano latinoamericani (il 26,5% dell'intera popolazione, per lo più concentrati nel sud mentre il nord è bianco e ricco, tradizionale riserva repubblicana).
Per ora ha portato a casa una trentina di delegati, ma si sta preparando alla partita forse decisiva, se non sul piano dei numeri, di certo su quello politico: il supermartedì 1 marzo quando fra primarie e caucus saranno in palio 595 delegati in 11 Stati. Se vincesse sarebbe arduo negargli la nomination anche se il Gop (il partito repubblicano) a quel punto sarebbe quasi certo che l'America, pur travolta dal tracollo della classe media, da una ripresa incerta e che forse non è mai arrivata abbastanza negli strati bassi e da una crescente voglia di isolazionismi e muri (come l'Europa del resto), finirebbe per preferirgli comunque (anche per una buona fetta di elettori conservatori) la poco simpatica ma senza dubbio intelligente, preparate ed efficiente Hillary Clinto, A quel punto la speranza repubblicana avrebbe una sola chance: convincere l'indipendente Michael Bloomberg a sfidare l'ex segretario di Stato.  Ormai se ne parla apertamente, ad esempio il Washington Post

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