I visitatori: ormai siamo a 21 milioni, dice il commissario unico Sala. Però occorre un distinguo: si parla di ingressi o di biglietti venduti? La differenza non è da poco e da qualche parte leggo di biglietti venduti. Non va dimenticato però che i biglietti venduti sono quelli individuali ma anche quelli dei pacchetti dati ai tour operator. Proprio quest’ultimi, li hanno esauriti o gliene sono rimasti in saccoccia? Su questo servono dati certi e per questo non è possibile l’abbinamento biglietti-ingressi. Senza scordare che negli ingressi i primi mesi, quando l’Expo faticava a decollare, si contavano anche chi nel sito lavorava. Poi le cifre sono state depurate. Quindi il dato dei 21 milioni va specificato meglio e non va dimenticato che l’Expo di Hannover del 2000 è stato giudicato un flop per i suoi 18 milioni di visitatori e l’1,2 miliardi di euro (circa, il calcolo era in marchi) di perdite. Certo ce ne sono stati di peggiori, gli 8,2 milioni della Corea nel 2012, ma anche di migliori con i 40 milioni di Siviglia nel ’92. Dunque il dato dei visitatori non è indicativo del successo o meno.
I conti: ecco il dato vero, reale. A Expo 2015 sono tutti da fare. Secondo Sala si arriva al pareggio ma dipende se nel bilancio il miliardo e 300 di Stato e Regione viene iscritto tra i costi o fra gli investimenti. Poi nei 21 milioni vi sono coloro che hanno pagato i 39 euro del biglietto a prezzo pieno e quelli dei 5 euro per gli ingressi serali (senza dimenticare che molti di questi sono stati regalati anche solo con il pagamento anticipato del parcheggio). Per ora si sa poco dei conti, il flop dei parcheggi auto rischia una ricaduta con le rivalse della società appaltatrici. E i costi dei metro e Trenord sono solo a carico delle rispettive società o anche di Expo?
Il futuro dell’area: ecco un altro punto nero. Non è stato ancora deciso e prima del 2020, nella migliore delle ipotesi, non si vedrà nulla. Negli altri Paesi la gran parte delle aree è rimasta semi inutilizzata o sotto utilizzata. Cosa diventerà qui? Un grande centro universitario e di ricerca, una Milano allargata come suggerisce Gregotti, un
a Silicon Valley? Forse sarebbe meglio una Disneyland visto che la maggior parte dei visitatori l’ha interpretata come tale, altro che “nutrire il pianeta”!
La pubblicità: questo forse è l’unico dato rilevante, i marchi italiani adesso più conosciuti nel mondo, l’effetto immagine per il turismo, la ricaduta sul Pil lombardo e, di riflesso, su quello italiano. Ma del cibo “nutrire il pianeta”, nella massa dei visitatori, cosa è rimasto?
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