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Il fascino discreto dell'evasione


Bisogna avere speranza: prima o poi, come quasi tutto è avvenuto sulla terra dal pleistocene in avanti (e indietro), si verificherà la Grande Rivoluzione. Niente è eterno e anche per l'evasione fiscale italiana il tempo finirà per averne ragione. A dispetto di una resistenza che fa impallidire perfino quella dei dinosauri ai cataclismi che ne determinarono l'estinzione.

Il governo, con la manovra di bilancio, ha promesso prima di di recuperare oltre 7 (diconsi sette) miliardi (mld) dalla stretta su contante e rilancio di carte di credito, controlli vari e giri di vite, poi ridimensionando l'attesa a "soli" 3 mld. In fondo non un granché se il calcolo  dei soldi che lo Stato non percepisce dai suoi cittadini, assomma a circa 110 mld, con un "nero" dell'economia ancora superiore (stando alle stime).
Secondo lavoce.info qualcosa è stato cambiato: almeno nella manovra non vi sono più condoni o ipocrite "paci fiscali" e almeno si mettono in campo elementi che, nella denominazione, si propongono di recuperare qualcosa da chi non versa le tasse. ma è ancora troppo poco e le misure messe in campo controverse, timide e piegate a interessi elettorali, particolari e lobbistici. Anche perché è assente, o non si tiene in conto abbastanza, la spinta morale-etica a una vera guerra/opposizione al costume italico di non ottemperare all'obbligo di versamento dei tributi allo Stato in cambio dei servizi e dei benefici che quest'ultimo ci eroga. Così si arriva agli striminziti  3 mld, peraltro tutti da accertare.
Per Alessandro Santoro è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale che riesca a tradurre in dati certi - e quindi in effettive erogazioni - i principi dlela filosofia che sottende la manovra di bilancio del governo Conte 2.
"È una filosofia caratterizzata da tre obiettivi che emergono con una certa chiarezza: i) spingere le amministrazioni finanziarie a utilizzare i dati esistenti, cominciando a farlo subito in settori dove le patologie emergono proprio grazie all’analisi dei dati; ii) aumentare la tracciabilità e quindi l’ammontare dei dati disponibili; iii) rimuovere alcuni ostacoli che fino a oggi hanno contribuito a limitare l’uso effettivo dei dati".
Secondo l'autore (leggi QUI) emergono un paio di criticità che consentono di dubitare sui risultati dell'azione governativa a partire dal fatto sull'effettiva utilizzabilità dei dati in mano all'amministrazione finanziaria e soprattutto poterli usare - anche nel rispetto della privacy - in modo completo, esteso in via preventiva e non solo in fase di controllo ex post, come avviene adesso in modo arzigogolato, burocratico, lento e attaccabile. Infatti si parla da anni, forse decenni di incrocio dei dati in possesso alle diverse banche finanziarie e non solo - anche quelle statali, amministrative, degli Interni e sicurezza, degli enti locali, perfino della sanità, del mondo produttivo - ma in effetti questo non è mai avvenuto per la complessità - talvolta emanata e sollevata ad arte attraverso l'attività di lobbing in Parlamento - del sistema e per la lungaggine con risultati incerti che la messa in moto dell'intero sistema provocherebbe.
Così si rincorrono sempre nuovi modelli che poi non vengono applicati in concreto e si distribuiscono idee sui meccanismi che dovrebbero essere la panacea - in particolare quelli mutuati dall'estero dove "tutti pagano le tasse (!) - che poi si rivelano sempre fallimentari. Oppure si diffondono leggende metropolitane (leggi QUI) su quanto (sempre) si fa oltre frontiera che alla fine determinano la disillusione e la rabbia degli onesti, fra cui quel 12% di dipendenti e pensionati che in definitiva sono l'asse portante del gettito Irpef (ne copre il 57,88%) mentre un 45,19% dei cittadini finisce per contribuire all'Irpef solo per il 2,62%. Senza scordare che il 49,29% degli italiani risulta non avere reddito e quindi non paga nulla di Irpef.(leggi QUI e QUI)

Leggere anche:

La resistibile tenerezza fiscale dell'Italia

Il gioco dei tagli e delle tasse

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