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Finché Iva non vi separi


Un teatrino dell'assurdo o della stupidità, quello messo in campo per rivendicare la primogenitura nello stop all'aumento delle'Iva, quelle fantomatiche clausole di salvaguardia imposte  ai tempi del governo Berlusconi - e architettate da un mefistofelico Giulio Tremonti conscio del suo declino e pronto ad avvelenare i pozzi
per chi sarebbe venuto dopo, un sistema votato va ricordato anche dalla Lega sempre funzionale ai disastri provocati dai governi di centrodestra - dall'Europa che voleva garanzie sulla capacità delle leggi di bilancio di rispettare i parametri dell'Eurozona e abbassare quindi il debito tagliando la spesa. Cosa quantomai difficile e complicata in un Paese come il nostro e di fatto mai applicata, facendo sì che le famose clausole ogni volta si sarebbero tradotte in un aumento dell'Iva (se non si taglia, le maggiori entrate sono possibili con un ritocco verso l'alto della tassazione) sono il macigno che frena e condiziona ogni manovra di bilancio di fine anno.
Così è stato in passato, così anche quest'anno, con l'unica attenuante che un governo nato solo un mese fa non aveva molti margini di manovra se non quello di una grande operazione verità che probabilmente l'avrebbe fatto soccombere nel giro di pochi giorni. Il teatrino di chi rivendica lo stop all'aumento dell'Iva sono la dimostrazione plastica di quanto sarebbe successo se il premier di turno, in questo caso Giuseppe Conte 2, avesse spiegato che non possiamo andare avanti così, senza tagliare la spesa, ridurre la corruzione, riportare a livelli minimi l'evasione, ridurre il debito attraverso una diversa politica economica che vada a prendere i soldi che le servono laddove ci sono in misura maggiore, per destinarli beninteso ai servizi, al mercato del lavoro e al taglio delle tasse soprattutto per chi guadagna poco. E che tutto questo genera, anzi aumenta le disparità, la disuguaglianza sociale ed economica, discrimina in particolare giovani e donne, anziani e più deboli, consegna l'Italia nelle mani del malaffare e della disonestà.
Ma questa operazione-verità avrebbe significato mettere fine a tutte le prebende, i benefit vari e bonus generosi che, da decenni ,la politica italiana ha distribuito a varie categorie per ingraziarsele e alla fine auto-garantirsi la sopravvivenza.
Non si è fatto neppure stavolta e l'unico dato positivo è che l'esecutivo giallorosso sembra - diciamo sembra - deciso a premere a fondo sulla lotta all'evasione fiscale, un moloch di 120 mld annui che potrebbe sanare tutte le clausole di questo mondo e perfino ridurre il debito garantendo - udite udite - addirittura meno tasse. Per chi le paga, ovviamente.
Intanto si parte da -23 mld e si arriva a 30 mld di manovra di bilancio  con 14 mld di flessibilità europea, circa 4 mld di minori spese per interessi grazie allo spread, un po' di risparmi messi da parte da Tria con la silenziata manovra primaveril-estiva, un po' di rinvii di spesa, contenimento vari (i soliti ministeri), il recupero dell'evasione appunto e qualche altra limatura poco o per nulla penalizzante per alcuno.
In compenso il governo vola basso, taglierà un po' il cuneo fiscale per i lavoratori (Repubblica parla di 500 euro all'anno in più, non da buttare via ma insufficienti a far follie e a promettere aumenti monstre dei consumi ) e darà qualche premio a chi paga con le carte di credito, stornando quindi una piccolissima parte del recupero dell'evasione che si attende.
Quindi come ricorda lavoce.info far pace con l'Europa è stato essenziale ma non basterà perché alla fine il deficit presumibile si attesterà sul 2,2 contro il 2,04 furbetto propalato da Salvini-Di Maio che poi era diventato di fatto un 2,4. La tabella de lavoce.info spiega fin troppo bene che anche il Conte 2 ha rinviato i grandi sogni al futuro, almeno alla legge di bilancio per il 2021 se andrà bene.
Sempre secondo lavoce.info il solo risparmio indotto dallo spread nei prossimi sette anni ci darà almeno 24 mld, ma il vero nodo è sempre lo stesso: l'evasione fiscale (e  dell'Iva, oltre 30 mld all'anno, primo poco onorevole posto in Europa, un quarto dell'intera evasione continentale), gli sprechi di un'Italia arretrata nelle abitudini e nelle strutture, pubbliche in particolare, gravate da costi e inefficienze ormai anacronistiche, la distorsione economica indotta da un sistema Paese fatto di monopoli pubblici e cartelli fra privati che alterano ogni possibile fattore di concorrenza e quindi di risparmio ed efficienza.
In uno studio di Confindustria, a fronte di una spesa complessiva di 850 mld, quella "aggredibile" era stata valutata in 290 mld essendo quasi impossibile entrare con la mannaia in temi come le pensioni, gli stipendi, gli interessi sul debito e altro. Tuttavia, secondo i criteri molto liberisti di Confindustria, bisogna considerare che in questo caso parte del sistema pubblico italiano e del relativo welfare passerebbe in qualche modo in mano ai privati. Quindi è più praticabile il calcolo dell'ultimo commissario - sconfitto anche lui e allontanato dalla politica - Carlo Cottarelli per il quale si sarebbe potuto arrivare (a regime) a risparmiare qualcosa come 34 mld, cifra ben più abbordabile dei 290 ma comunque in grado, per la politica, di far male ad alcune categorie o a settori produttivi del Paese attraverso la riduzione dei sussidi, delle detrazioni generosamente concesse negli anni alle varie lobby. Il calcolo venne fatto nel 2014 e i 34 mld sarebbero divenuti effettivi nel 2016. Ma si sa come andò a finire.  E neppure il fattore protezione dell'ambiente, la nuova ventata verde che scuote mezzo mondo, sembrano poter muovere l'immobilismo italiano, perché anche i risparmi in questo settore costano (qui i calcoli dell'Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica), hanno ricadute forti, queste immediate, mentre i benefici sarebbero più dilatati nei tempi, come del resto succede in ogni parte del mondo quando si parla sul serio di riforme strutturali, per di più se riguardano modelli di sviluppo. Qui da noi invece impera il presentismo e restiamo bloccati e arretrati, ma soprattutto  campioni della disuguaglianza.
Così l'80 per cento dell'Irpef arriva da quanto versano dipendenti e pensionati, di patrimoniale guai a parlare, dello scovare i patrimoni occultati non si vede traccia, di trasformare uno Stato brontosaurico in un modello di efficienza nei servizi al cittadino non c'è neppure una volontà palese.

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