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Referendum, le magnifiche 7 risposte del NO

Dal profilo Facebook di Massimo A. Alberizzi abbiamo ripreso queste sette domande-sette risposte sul referendum istituzionale: sono un esempio di chiarezza e correttezza di un grande giornalista che ha scelto il No e non per partigianeria.

Perché votare no serenamente al referendum sulla riforma costituzionale - 7 domande e 7 risposte per spiegare le ragioni del no

E’ vero che la riforma della Costituzione garantirà stabilità?
No. Non è vero. La riforma della Costituzione si limita a ridisegnare le competenze delle due Camere e non introduce nessuna disposizione volta a garantire la cosiddetta stabilità. Sarà sempre il Presidente della Repubblica ad affidare l’incarico di formare un Governo e designare il Presidente del Consiglio. Il Presidente incaricato dovrà avere la fiducia della Camera dei Deputati. Oggi la fiducia deve essere espressa da entrambe le Camere. Ma basta questa modifica per affermare che ci sarà stabilità? Certamente no. Nessun passaggio della Costituzione riformata garantisce che ci saranno in futuro governi che debbano durare quanto la legislatura.
E’ vero che con questa riforma della Costituzione si riducono i costi della politica?
Non è questo il vero obiettivo che si vuole perseguire con questa riforma. La prospettiva della riduzione dei costi è soltanto uno specchietto per le allodole. La riduzione dei costi deriverebbe dal fatto che si riduce il numero dei senatori. Si otterrà cosi un risparmio, non vi è dubbio, ma un risparmio molto modesto. Per ridurre veramente i costi della politica non era necessario scomodare la riforma della Costituzione. Bastava ridurre i compensi di tutti i parlamentari, compresi quelli della Camera dei Deputati, e ridurre gli sprechi burocratici di tutte le istituzioni, si sarebbe ottenuto un vero e consistente risparmio del bilancio dello Stato, senza intaccare i principi della rappresentanza democratica.
E’ vero che con la modifica del bicameralismo paritario si faciliterà e accelererà il lavoro legislativo?
Anche questa è una finta illusione. Il bicameralismo paritario, come dimostra la lunga esperienza della nostra storia repubblicana, è servito a ponderare meglio i contenuti delle leggi che si andavano approvando. Il Parlamento italiano (Camera e Senato) non può certo essere accusato di inattività. Le leggi approvate nel corso degli anni e tutt’ora in vigore superano di decine di migliaia quelle approvate dai sistemi parlamentari di altri paesi, come Francia, Germania e Spagna, per citarne soltanto alcuni a noi vicini. Quello che serve, semmai, sarebbe il contrario: cancellare molte leggi invece di accelerare il processo legislativo. Ma anche l’accusa di lentezza della formazione delle leggi, che impedirebbe la celerità nell’azione di Governo è infondata. Il Governo possiede, infatti, tutti gli strumenti previsti dalla Costituzione che gli consentono di procedere, quando e se vuole, con speditezza. Proprio l’esperienza del Governo Renzi è lì a dimostrare che con la Costituzione attuale si può legiferare in poco tempo e con rapidità. Quante leggi ha approvato il Governo Renzi? In quanto tempo è stata approvata la legge elettorale? In quanto tempo è stata approvata la riforma della Costituzione, che pure richiede più passaggi tra le due Camere?
E’ vero che in nessun altro paese esiste il bicameralismo paritario e che lo sdoppiamento delle competenze semplificherà il lavoro delle Camere?
In tutti i paesi dell’occidente la rispettiva struttura costituzionale prevede due Camere, le cui competenze sono in vario modo diversificate, ma occorre verificare con attenzione se la diversificazione delle competenze sia funzionale o meno. Nel caso della riforma sottoposta a referendum non lo è. Oggi la Costituzione prevede che la funzione legislativa sia esercitata collettivamente dalle due Camere. La riforma conferma che l’esercizio collettivo delle funzioni legislative rimane per le leggi di revisione della Costituzione, per le leggi di natura costituzionale, per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di Governo, le funzioni fondamentali dei comuni e delle città metropolitane, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea, per la legge che determina i casi di ineleggibilità, per la legge sulle modalità e l’attribuzione dei seggi del Senato, per le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, per le leggi che riguardano la giurisdizione e le norme processuali, l’ordinamento civile e penale, la giustizia amministrativa, le forme e le condizioni particolari di autonomia degli enti territoriali, per le leggi che definiscono le procedure atte a garantire i poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle regioni e delle città metropolitane, per la legge che stabilisce i principi fondamentali che promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza dei consigli e delle giunte regionali, per le leggi che consentono ai comuni di staccarsi da una regione e aggregarsi ad un’altra. Le altre leggi, invece, sono approvate soltanto dalla Camera dei Deputati. Ma non finisce qui, perché ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati deve essere trasmesso al Senato, che può disporre di esaminarlo e può deliberare modifiche al testo sulle quali dovrà pronunciarsi successivamente la Camera dei Deputati. Tutto questo complesso meccanismo non faciliterà assolutamente il processo legislativo, anzi lo complicherà, proprio in considerazione della diversa composizione del Senato.
Sarà rappresentativo il nuovo Senato riformato?
Anche in questo caso la risposta è no. Il Senato ridotto a 100 membri (di cui 5 nominati dal Presidente della Repubblica, 2 assegnati alla Provincia Autonoma di Trento e 2 alla Provincia Autonoma di Bolzano, gli altri suddivisi tra i consiglieri regionali e i sindaci dei comuni) non sarà più eletto dai cittadini (e questo è un grande vulnus ai principi della democrazia rappresentativa) ma designato e spartito all’interno della classe politica che occupa i consigli regionali. I componenti del Senato continueranno a svolgere il loro lavoro di consiglieri regionali e di sindaci. Un doppio incarico che li porterà settimanalmente a Roma e saranno, di conseguenza, o pessimi sindaci o pessimi senatori. Inoltre, la composizione del Senato, legata ai tempi di elezione dei sindaci e dei consigli regionali, potrà variare nel corso degli anni, determinando maggioranze diverse tra Camera e Senato, che porteranno il Senato a confliggere con la Camera. Si creeranno soltanto conflitti e confusione con buona pace della chiarezza sbandierata dai fautori di questa sgangherata riforma.
E’ vero che non ci sarà bisogno di eleggere il Senato perché le sue competenze sono ormai limitate ad aspetti regionali?
Anche questa affermazione non è vera. Oltre a tutti i poteri legislativi previsti dall’articolo 70 riformato, cosi come li abbiamo elencati sopra, il nuovo articolo 55 prevede che il Senato della Repubblica esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli enti costitutivi della Repubblica. Concorre, oltre che all’esercizio delle funzioni legislative, anche all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione Europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione Europea. Valuta le politiche pubbliche e le attività delle pubbliche amministrazioni. Verifica l’impatto delle politiche dell’Unione Europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo. Verifica l’attuazione delle leggi dello Stato.
Come è di chiara evidenza le competenze del Senato saranno considerevoli e non è perciò in alcun modo giustificata la riduzione del numero dei suoi componenti e soprattutto non è giustificata l’espropriazione del diritto di voto dei cittadini, che non potranno più eleggere il Senato della Repubblica.
In conclusione?
In conclusione, nessuno dei motivi portati a giustificazione di questa riforma è vero. Basta leggerne il testo. Se così è, ed è così, lo scopo della riforma è un altro. Da un lato è quello di spostare l’attenzione dei cittadini dai problemi che quotidianamente li assillano, la mancanza di lavoro e l’economia che ristagna, su un tema, quale quello della riforma della Costituzione, che i cittadini non sentono affatto come un vero problema. Ma c’è anche in questa operazione il tentativo di contrabbandare in nome dell’efficienza e della governabilità una riforma della Costituzione che limita gli spazi di democrazia e che, se coniugata insieme alla nuova legge elettorale, rischia di annullare l’equilibrio dei poteri, che è il punto centrale di una democrazia e di avventurare il Paese verso una pericolosa deriva autoritaria.

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