Cominciamo dai conti di casa Renzi. E già lì qualcosa non torna: gli iscritti al partito sono 300-350 mila al massimo contro gli 800 mila del congresso 2012 e le sezioni entro l'anno prossimo 3.500 - "razionalizzate" dice il vicesegretario Guerini - contro le oltre 7 mila di tre anni fa.
Certo molti iscritti erano fantasmi e alcune sezioni esistevano sulla carta o erano chiuse da anni. Ma il dato di fondo non cambia.
E già questo, con le grandi amministrative alle porte non è di buon auspicio: senza militanti la campagna elettorale non potrà decollare o essere al meglio. Si dovrà battere alle porte delle aziende specializzate in propaganda e merchandising, ma non è la stessa cosa almeno per il corpo vivo del Pd. O ciò che resta del corpo vivo, in particolare nelle regioni più fedeli (una volta si sarebbe detto "rosse") come Emilia e Toscana, guarda caso dove c'è stata la maggior moria di sezioni.
Magari Renzi è contento, lui vuole il partito leggero, una struttura elettorale tutt'al più, per il resto servono la tv, i giornali e soprattutto Roma, palazzo Chigi. Insomma il brand Matteo Renzi. Sarà ma quando si sente parlare di struttura leggera viene in mente la prima Forza Italia che ha funzionato grazie al brand Silvio - allora efficace - e ai suoi soldi. Ma come è finita, per loro e soprattutto per noi, lo sappiamo. Eppure si può pensare alla guerra in Afghanistan di Bush jr e Rumsfeld voluta in forza di un esercito "leggero", tanti aerei in cielo e pochi uomini a terra, per lo più gli specialisti. Anche lì sappiamo come è finita.
Poi vi sono gli altri conti, quelli più importanti. Con i numeri, nonostante Padoan, bisogna dire che Renzi (e il fido Poletti) non c'azzecca molto. Aveva promesso e fatto scrivere nel Def aggiornato che l'Italia a fine anno sarebbe cresciuta di un bel (!) 0,9% di Pil (perfino il Sole 24 ha ammesso che l?Expo non è stato quel traino che si voleva e che era stato sbandierato). Ebbene oggi l'Istat ci dice che se si arriva allo 0,8 sarà già un mezzo miracolo. Padoan, sempre più pressato, ha provato a mettere le mani avanti e a invocare il terrorismo come nuovo freno alla crescita. Ma con poco successo per manifesta infondatezza, neppure l'Italia fosse la Siria.
In effetti per i conti pubblici e il Pil c'è molto che non torna. Intanto sulla manovra a debito, con il ritocco verso l'alto, grazie alla flessibilità europea, del deficit tendenziale (dall'1,4 al 2,2) piuttosto che con tagli alla spesa (vedere qui). Nel taglio delle tasse (Tasi soprattutto) e nei bonus c'è molto di elettorale, perfino i due miliardi annunciati per la lotta al terrorismo e in particolare nei 500 euro ai diciottenni (e gli altri?), mentre sprechi e sussidi sono stati perdonati. Salvo che poi, nel dettaglio, si andrà a tagliare nel corpo vivo dei servizi e dell'assistenza, sanità in primo luogo.
E poi risultati sulla riforma tipo, quella sul lavoro. Propaganda a parte i numeri dicono che da inizio anno gli occupati stabili sono cresciuti di... 2 mila unità.
Certo molti iscritti erano fantasmi e alcune sezioni esistevano sulla carta o erano chiuse da anni. Ma il dato di fondo non cambia.
E già questo, con le grandi amministrative alle porte non è di buon auspicio: senza militanti la campagna elettorale non potrà decollare o essere al meglio. Si dovrà battere alle porte delle aziende specializzate in propaganda e merchandising, ma non è la stessa cosa almeno per il corpo vivo del Pd. O ciò che resta del corpo vivo, in particolare nelle regioni più fedeli (una volta si sarebbe detto "rosse") come Emilia e Toscana, guarda caso dove c'è stata la maggior moria di sezioni.
Magari Renzi è contento, lui vuole il partito leggero, una struttura elettorale tutt'al più, per il resto servono la tv, i giornali e soprattutto Roma, palazzo Chigi. Insomma il brand Matteo Renzi. Sarà ma quando si sente parlare di struttura leggera viene in mente la prima Forza Italia che ha funzionato grazie al brand Silvio - allora efficace - e ai suoi soldi. Ma come è finita, per loro e soprattutto per noi, lo sappiamo. Eppure si può pensare alla guerra in Afghanistan di Bush jr e Rumsfeld voluta in forza di un esercito "leggero", tanti aerei in cielo e pochi uomini a terra, per lo più gli specialisti. Anche lì sappiamo come è finita.
Poi vi sono gli altri conti, quelli più importanti. Con i numeri, nonostante Padoan, bisogna dire che Renzi (e il fido Poletti) non c'azzecca molto. Aveva promesso e fatto scrivere nel Def aggiornato che l'Italia a fine anno sarebbe cresciuta di un bel (!) 0,9% di Pil (perfino il Sole 24 ha ammesso che l?Expo non è stato quel traino che si voleva e che era stato sbandierato). Ebbene oggi l'Istat ci dice che se si arriva allo 0,8 sarà già un mezzo miracolo. Padoan, sempre più pressato, ha provato a mettere le mani avanti e a invocare il terrorismo come nuovo freno alla crescita. Ma con poco successo per manifesta infondatezza, neppure l'Italia fosse la Siria.
In effetti per i conti pubblici e il Pil c'è molto che non torna. Intanto sulla manovra a debito, con il ritocco verso l'alto, grazie alla flessibilità europea, del deficit tendenziale (dall'1,4 al 2,2) piuttosto che con tagli alla spesa (vedere qui). Nel taglio delle tasse (Tasi soprattutto) e nei bonus c'è molto di elettorale, perfino i due miliardi annunciati per la lotta al terrorismo e in particolare nei 500 euro ai diciottenni (e gli altri?), mentre sprechi e sussidi sono stati perdonati. Salvo che poi, nel dettaglio, si andrà a tagliare nel corpo vivo dei servizi e dell'assistenza, sanità in primo luogo.
E poi risultati sulla riforma tipo, quella sul lavoro. Propaganda a parte i numeri dicono che da inizio anno gli occupati stabili sono cresciuti di... 2 mila unità.
A dicembre 2014 in Italia c' erano 14 milioni 525 mila occupati a tempo indeterminato; a ottobre 2015 sono 14 milioni 527 mila. Tirate le somme e avrete l' effetto dei quasi tre miliardi che nel 2015 costeranno gli sgravi alle assunzioni stabili voluti dal governo: 2 mila occupati in più, per un travaso di risorse dalla fiscalità generale alle imprese che - nelle stime dell' esecutivo - valeva almeno 11,7 miliardi fino al 2019. (Il Fatto Quotidiano, 2 dicembre, 2015)Da qualsiasi parte lo si giri, il lavoro non è tornato e i dati Istat chiariscono molti dubbi, spesa compresa da qui ai prossimi anni per creare un'occupazione che non c'è, affidandosi a ricette precarie (queste sì) e prese pari pari dagli anni democristiani, di finto modernismo e moderno saccheggio delle risorse pubbliche, quelle alimentate soprattutto da chi meno ha o dall'ex ceto medio. Intanto i giovani a spasso sono al 39,8 per cento, il Paese in generale non è certo più ricco, non è più onesto, non è più efficiente, non ha più moralità. Non corre, passeggia, anzi come i vaporetti veneziani va "avanti adagio, quasi indietro".
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