"Alla notte indosso solo due gocce di Chanel". La famosa affermazione di Marilyn Monroe, senza premere troppo sul traslato, è spesso contrabbandato come uno degli indici della cultura femminile dell'Occidente, o che l'Occidente dovrebbe avere. Società in stile Marilyn per il lato conservatore, la libertà di vivere e "andare a uomini" sul versante liberal e di sinistra. Ecco l'immagine della donna alle nostre latitudini. E poi c'è Colonia.
Colonia con le sue molestie, con le sue violenze di capodanno, vero choc per l'Occidente che si era aperto al mondo delle migrazioni, che aveva trovato una radice internazionalista nella difesa dei diritti quale non si riscontrava da tempo, da troppo tempo. E poi c'è stata Colonia, a infrangere questo sogno o questa linea di tendenza consolidata nel dramma di Aylan.
"Siamo tutti Aylan" ieri. Oggi c'è Colonia. Noi e loro. Ecco il disegno che è emerso in questa Europa, uno schema inseguito a lungo dalle destre nostrane e dai tagliagole dell'Isis, l'unico schema che può aprire la strada alla lotta-guerra Occidente-Islam, democrazia-totalitarismo.
Illuminante Ida Dominijanni su l'Internazionale (qui) nel respingere la diarchia fasulla e l'assonanza-relazione da colonial a Colonia, e sottolineando come la linea di frattura non sia tanto sul noi e loro, noi bravi e aperti, loro oppressori e chiusi, in particolare con le donne. Frattura incomprensibile se si sposta l'asse del discorso sul patriarcato e sulla relazione che la metaideologia stabilisce fra uomo e donna in una società dove fino a ieri si è parlato (e scritto tanto) sul femminicidio, tema eclissatosi in questi giorni di prepotente risorgere dello scontro di civiltà.
Eppure a un'analisi neppure approfondita si scopre che lo spirito del branco e il limite dell'apparenza non sono identificabili con "nordafricani" neppure all'interno di una società oppressiva e dominata dal rapporto padre-padrone. Per i partigiani di quest'ultimo stato Colonia è stata l'epopea silenziosa della sconfitta, la più clamorosa del mondo stile Isis e la più rovinosa per il brand occidentale che archivia la sua fenomenologia nei termini della superficiale libertà dell'agire. Sconfitta perché non maturata in un dualismo terrore-democrazia, ma nel disvelamento del carattere totalitario di una concezione femminile che non ammette diritti, emancipazione, cultura autonome rispetto a un io o super-io che mantiene inalterati i rapporti di forza maschio-femmina. Colonia ha tradito questa concezione applicata nell'Islam come nell'Occidente cristiano dimostrando come la via d'uscita sia nella rivendicazione propria e collettiva, nella capacità di lotta indipendentemente dall'appartenere a uno degli schieramenti costruiti per giustificare l'artificioso scontro di civiltà. Colonia ha rotto il vaso di Pandora del finto rapporto uomo-donna, fatto crollare l'ingenuità di un terzomondismo d'accatto costruito per giustificare rapporti di forza evidentemente squilibrati. Colonia ha messo in risalto come la società attuale nel suo essere "maschile" in ogni atto non consenta più arrendevoli compromessi, bensì richieda quell'azione femminile (o femminista?) che nelle dimensioni meno mediate riporta alle combattenti peshmerga, vero incubo del mondo Daesh ma altrettanto destabilizzante rispetto alle consolidate posizioni della donna europea e nordamericana. Ecco perché Colonia è stata la dimensione di un tracollo annunciato per la fine della verginità terzista e tollerante verso un sistema comune nell'affermazione di una supremazia maschile ormai agonizzante. Ecco perché l' ''errore" di Colonia finirà per costare caro a Daesh in primis, e alla nostra organizzazione sociale poi.
Colonia con le sue molestie, con le sue violenze di capodanno, vero choc per l'Occidente che si era aperto al mondo delle migrazioni, che aveva trovato una radice internazionalista nella difesa dei diritti quale non si riscontrava da tempo, da troppo tempo. E poi c'è stata Colonia, a infrangere questo sogno o questa linea di tendenza consolidata nel dramma di Aylan.
"Siamo tutti Aylan" ieri. Oggi c'è Colonia. Noi e loro. Ecco il disegno che è emerso in questa Europa, uno schema inseguito a lungo dalle destre nostrane e dai tagliagole dell'Isis, l'unico schema che può aprire la strada alla lotta-guerra Occidente-Islam, democrazia-totalitarismo.
Illuminante Ida Dominijanni su l'Internazionale (qui) nel respingere la diarchia fasulla e l'assonanza-relazione da colonial a Colonia, e sottolineando come la linea di frattura non sia tanto sul noi e loro, noi bravi e aperti, loro oppressori e chiusi, in particolare con le donne. Frattura incomprensibile se si sposta l'asse del discorso sul patriarcato e sulla relazione che la metaideologia stabilisce fra uomo e donna in una società dove fino a ieri si è parlato (e scritto tanto) sul femminicidio, tema eclissatosi in questi giorni di prepotente risorgere dello scontro di civiltà.
Eppure a un'analisi neppure approfondita si scopre che lo spirito del branco e il limite dell'apparenza non sono identificabili con "nordafricani" neppure all'interno di una società oppressiva e dominata dal rapporto padre-padrone. Per i partigiani di quest'ultimo stato Colonia è stata l'epopea silenziosa della sconfitta, la più clamorosa del mondo stile Isis e la più rovinosa per il brand occidentale che archivia la sua fenomenologia nei termini della superficiale libertà dell'agire. Sconfitta perché non maturata in un dualismo terrore-democrazia, ma nel disvelamento del carattere totalitario di una concezione femminile che non ammette diritti, emancipazione, cultura autonome rispetto a un io o super-io che mantiene inalterati i rapporti di forza maschio-femmina. Colonia ha tradito questa concezione applicata nell'Islam come nell'Occidente cristiano dimostrando come la via d'uscita sia nella rivendicazione propria e collettiva, nella capacità di lotta indipendentemente dall'appartenere a uno degli schieramenti costruiti per giustificare l'artificioso scontro di civiltà. Colonia ha rotto il vaso di Pandora del finto rapporto uomo-donna, fatto crollare l'ingenuità di un terzomondismo d'accatto costruito per giustificare rapporti di forza evidentemente squilibrati. Colonia ha messo in risalto come la società attuale nel suo essere "maschile" in ogni atto non consenta più arrendevoli compromessi, bensì richieda quell'azione femminile (o femminista?) che nelle dimensioni meno mediate riporta alle combattenti peshmerga, vero incubo del mondo Daesh ma altrettanto destabilizzante rispetto alle consolidate posizioni della donna europea e nordamericana. Ecco perché Colonia è stata la dimensione di un tracollo annunciato per la fine della verginità terzista e tollerante verso un sistema comune nell'affermazione di una supremazia maschile ormai agonizzante. Ecco perché l' ''errore" di Colonia finirà per costare caro a Daesh in primis, e alla nostra organizzazione sociale poi.
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