Un'analisi perfetta di quanto (non) si prevede e di quanto non è per nulla semplificato, lo fornisce l'analisi di Phastidio (QUI) e l'unica ratio, peraltro molto confusa che si riscontra è che Conte e i suoi, proprio di fronte alle prospettive catastrofiche, hanno voluto mettere in campo un provvedimento che di fatto incita solo a "fare" a tutti i costi e senza correre rischi: quelli dei funzionari, che possono firmare qualsiasi cosa senza troppi timori e, ad esempio, senza chiedersi se quel tale progetto risponde ai criteri di massimo beneficio per il pubblico (e non per il privato che lo esegue) e soprattutto rispetta un corretto rapporto costi/benefici che in Italia è stato sempre una chimera.
Il procedimento delle gare, inoltre, apre la stalla alle peggiori corruzioni o accordi sottobanco, di fatto liberalizzando qualsiasi appalto "guidato", riservando solo qualche paletto per quelli di importi elevati. Che poi non sono neppure molti.
Il risultato è che gli accordi della sottopolitica si dilateranno, quelli delle organizzazioni criminali pure e di più e verrà gettato in un angolo quel principio di concorrenza peraltro molto poco seguito nel nostro Paese. Con le facilmente comprensibili ricadute sulle casse dello Stato, sulle tasche dei cittadini e sulla stessa qualità di quanto verrà realizzato. Anche perché, come annota Phastidio, in Italia si è coltivata una idiosincrasia ai controlli ex post, come fossero proprio questi ultimi lo strumento che ritarda l'iter delle opere. Opere le quali, peraltro, sono lente di per sé stesse e solo in minima parte per la fase della gara, ovvero la sola su cui ci concentra l'attenzione del decreto di Conte. Anche in questo caso non è difficile capire quanto poco riuscirà a incidere il decreto perfino sul versante che sta più a cuore all'esecutivo: la velocità per garantire posti di lavoro, gettiti fiscali e così accendere una luce, fioca, nel tunnel della Super Depressione che si annuncia.
Non si semplifica quasi nulla perciò, anzi. E perfino nei rapporti tra amministrazione pubblica e cittadini siamo ancora molto lontani da un obbiettivo europeo: si parla ancora di autocertificazioni quando sarebbe bastato imporre a qualsiasi ufficio l'obbligo di procurarsi da solo tutti i documenti e i dati chiesti al cittadino e invece ben disponibili nella banche dati degli stessi enti o di altri della pubblica amministrazione. Senza contare che, come nel caso dei controlli ex post assenti anche nelle altre voci, anche in questo caso non sono previste sanzioni - né pesanti e neppure leggere - nei confronti di chi si rifiuta o non è capace di applicare una normativa semplice e lineare.
Decreto Scorciatoie quindi, o meglio Decreto Furbizie o ancora Decreto Inutilità. Sarà da ridere cercare di convincere l'Europa che queste sono le riforme attese e che dovrebbero dare la spinta al Paese prostrato dal virus e da decenni di debito pubblico - ora Super Debito - e cronica inefficienza. Anche se forse darà la misura di una classe politica pavida, largamente incapace, succube di un Salvini qualsiasi, di sondaggi e fantasmi. Classe politica in mano alle lobby - in primis quella dei funzionari pubblici, dei grandi commis, delle magistrature più alte da cui arriva lo stesso premier e che per questo non può nemmeno azzardarsi a ridimensionarle o in qualche caso addirittura cancellarle - e senza alcuna prospettiva dell'Italia di domani.
Che arriverà. E noi, di nuovo, non saremo pronti, annaspanti come saremo nella nostra mediocrità, nel nostro "particulare", nel nostro localismo, nel nostro pressapochismo.
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