Fotografia storica, ecco il significato |
Il vertice del G7 di Charlevoix sarà ricordato forse come il summit più utile degli ultimi decenni, il meno informale ma per questo più vero. Dove, in pochi termini, i leader mondiali si sono mandati a quel Paese nonostante le parole diplomatiche e i sorrisi, oltre alle tradizionali pacche sulle spalle che per molti sarebbero il metodo per stabilire quella confidenza che dovrebbe consentire rapporti migliori tra i leader.
Niente di più falso, in passato. Ma oggi si dovrà ringraziare Donald Trump per aver tolto anche l'ultimo velo di ipocrisia su questi vertici inutili e di banale parata a uso delle masse (a cui non frega molto). Il presidente americano è andato in Canada con il principio ben chiaro nella testa: provocare, dare un'idea di chi è lui e della sua America First, usare la tecnica dell'aggressione a freddo, della pistola sul tavolo per ottenere le migliori condizioni quando si arriverà a un accordo. una tecnica che negli affari può anche dare i suoi frutti - ma non sempre - che però in campo internazionale, negli equilibri politici e geostrategici può non produrre effetti o addirittura rivelarsi un boomerang.
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Trump ha giocato con i messaggi espliciti della sua presenza/assenza, arrivando tardi al vertice, presentandosi al summit delle donne quando tutte erano già sedute (del resto la sua idea del mondo femminile l'ha già espressa chiaramente in passato) e, come colpo finale, andandosene prima del tempo con la scusa di dover preparare l'incontro di Singapore con il dittatore nordcoreano Kim-Jong-Un. Non senza dare obtorto collo il suo assenso (ma nella notte, a distanza, si rimangia tutto, ritira il sì, arriva a dare del disonesto a Trudeau e minaccia-promette nuovi dazi)a un documento finale banale e insulso, pieno di principi e nessun impegno, che tutti hanno sottoscritto perché non si è mai visto un G7 senza impegni e promesse - tutti regolarmente dimenticati - finali. Per il resto Trump ha chiesto di riammettere la Russia esclusa dopo l'invasione della Crimea nel 2014, anche se a Mosca per ora non interessa molto preferendo gli altri organismi come l'Ocse, il Brics e il G20, come ha ricordato Lavrov. però ha posto sul tappeto la questione delle sanzioni, fatta filtrare attraverso gli "utili idioti" italiani io cui premier si trova nella delicata posizione di dover dar ragione sempre e comunque agli Usa (linea tradizionale nel dopoguerra) sul solco dell'alleanza atlantica, ma di garantire Putin che in Europa c'è chi guarda a lui con interesse e voglia di affari e salvaguardando il rapporto con gli altri partner europei. Un equilibrismo impossibile che non procurerà effetti pratici se non altro perché l'Italia tradizionalmente non ha alcun peso politico (e ora ancora meno) e della quale nessuno si occuperà se non - con un interesse che risulterà ben chiaro nei suoi effetti e metodi - quando i nodi economici verranno al pettine.
Trump dunque continua nella sua linea di ritenere l'America sempre "vessata" da nemici e alleati, vittima degli accordi partendo dal principio, offensivo che "non possiamo andare avanti così, non possiamo al 100% andare avanti con gli Stati Uniti che sono il salvadanaio da cui tutti rubano". Fra l'altro un'affermazione che Trump ripete fin dalla sua campagna ma contraddetta dal fact checking. Almeno in buona parte, stando a questo test del Washington Post il quale conclude che
... "Broadly speaking, the United States has among the lowest tariffs. But Navarro goes too far to claim the lowest trade barriers in the world, even if you use the metrics preferred by the White House. Moreover, low tariffs are not the only or even the primary factor responsible for the trade deficit, as suggested by his remarks".In sostanza tariffe fra le più basse ma non in assoluto e in base solo ad alcuni calcoli. Altri vanno in senso opposto. Ma nessuna prova, neppure da chi sostiene le tesi di Trump che ciò sia all'origine del deficit commerciale.
Guerra commerciale o no, il G7 può essere il momento di svolta verso il mondo di nuovo polarizzato, con più barriere e dazi, più diffidenza, maggiori tensioni geopolitiche o, chi lo sa, verso qualche possibile conflitto locale. Trump ammette di non avere idea se ciò funzionerà, ma di doverlo fare perché ritiene che vada nel senso gli interessi americani e degli americani. Il primo risultato lo ha raggiunto: la fiducia internazionale è incrinata, forse irrimediabilmente con gli attuali protagonisti. L'Europa sa che dovrà andare avanti da sola, cercarsi i mercati migliori e i gli alleati migliori da un'altra parte, probabilmente nel profondo Est, Giappone compreso (anche lui semi abbandonato da Trump). La Russia farà lo stesso perché anche se vi sono stati rapporti segreti fra il team di Trump e gli specialisti di Mosca, ciò significa che al Cremlino interessava che alla Casa Bianca non vi fosse la Clinton ma un inquilino pasticcione e impreparato come l'attuale, così da consentire alla Russia di riprendersi le vecchie posizioni. E l'America, come ricorda anche l'Economist, sarà più che First, Alone.
Il presidente americano non ha dimenticato di minacciare gli alleati che volessero alzare barriere a loro volta e Macron che gli ha risposto con un paio di tweet con il quale ha voluto dimostrare che non c'era paura di chiudere senza l'intesa con gli Usa e che l'atteggiamento americano è di rottura con la sua tradizione e isola il Paese.
La strategia di Trump non mira solo a rivedere le regole del Wto (obiettivamente da aggiornare e riconsiderare alla luce delle nuove potenze e dei nuovi commerci), ma mira a stabilire con i Paesi - in particolare europei - trattati bilaterali che avrebbero come risultato, è inevitabile, intese squilibrate a favore degli Usa la cui potenza economica, culturale, sociale e perfino militare avrebbero un peso tutt'altro che trascurabile sul tavolo degli incontri.
Secondo l'Economist l'America può spaccare, accordi storici e alleanze più o meno recenti. Ma anche se lo stesso Obama non ha dimenticato di gettare nelle trattative la potenza del suo paese, il settimanale britannico rileva come nessun altro presidente abbia trattato in questo modo gli alleati in questo modo. Che, insiste l'Economist, se questa strategia può dare qualche risultato nel breve periodo, sarà deleteria nel periodo perché libererà anarchia e ostilità nei rapporti internazionali, non ci saranno nuove regole e le vecchie saranno più facilmente aggirare o ignorate con i Paesi più aggressivi più motivati ad agire contando su un'impunità di fatto. Mosse sbagliate in prospettiva dunque e un assetto mondiale compromesso: questo il risultato palese del vertice canadese e delle scelte recenti di Trump che, sempre per l'Economist, dovrebbe ricordare quello che disse Henry Kissinger: "L'ordine non può essere semplicemente ordinato; per essere duraturo, deve essere accettato come giusto".
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