Ore drammatiche, i mass media europei con poche eccezioni alzano la tensione e la soglia di allarme. Eppure illustri economisti e non marxisti spiegano perché l'allontanamento della Grecia dalla zona euro e la sua posizione ai margini della Ue ( una cosa è la moneta unica, un'altra l'adesione all'Unione, la Gran Bretagna ad esempio vuole sempre dettare legge nell'Unione e soprattutto sulle questioni economiche, ma si tiene ben stretta la sua moneta nazionale) alla fine potrebbe rivelarsi anche un vantaggio per la piccola - e a circuito quasi chiuso - economia ellenica.
Tutti, o quasi, a vaticinare disastri, eppure alla fine si capisce che la questione prima che economica è politica. In sostanza non si può ammettere che venga messa in discussione la linea europea degli ultimi anni, quella dell'austerità e delle prescrizioni dettate ai governi più deboli, alla faccia dei loro parlamenti e della autonomia - pur in ambito europeo e di politiche condivise - delle decisioni nazionali. Perfino gli Stati americani hanno maggiore autonomia rispetto allo Stato federale!
La questione è dunque politica, perché se gli europei si convincessero che le politiche d'austerità cieca imposte finora e soprattutto in maniera estrema e crudele ad Atene, l'establishment, le oligarchie, la grande finanza, gli speculatori e le classi più abbienti dell'Occidente vedrebbero messa in seria discussione il loro "diritto" di fatto ad orientare le scelte economiche dei governi.
Renzi per trarsi fuori dall'irrilevanza di questi giorni, vanta le "riforme" varate: Ma quali sono: Quella elettorale e quella del lavoro? E queste dovrebbero, secondo lui, pararci dagli scossoni economici, impedirci di diventare come la Grecia? Ma chi ci può credere? La ripresa, se e quando arriverà almeno un po', la si deve all'ossigeno del Qe di Draghi, all'euro debole, al prezzo del petrolio crollato. Il resto sono fantasie, fumus in faccia agli italiani. Con una verità: che, di fatto, Renzi conferma come queste riforme sono state fatte sotto "dettatura" del direttorio Ue-Bce-Fmi. Se, pur tra mille e mille problemi e altre sofferenze, la Grecia e Tsipras
riusciranno a far sopravvivere la loro idea di una Europa diversa, forse si potrebbe parlare non più di Grexit, bensì di Grenter
Tutti, o quasi, a vaticinare disastri, eppure alla fine si capisce che la questione prima che economica è politica. In sostanza non si può ammettere che venga messa in discussione la linea europea degli ultimi anni, quella dell'austerità e delle prescrizioni dettate ai governi più deboli, alla faccia dei loro parlamenti e della autonomia - pur in ambito europeo e di politiche condivise - delle decisioni nazionali. Perfino gli Stati americani hanno maggiore autonomia rispetto allo Stato federale!
La questione è dunque politica, perché se gli europei si convincessero che le politiche d'austerità cieca imposte finora e soprattutto in maniera estrema e crudele ad Atene, l'establishment, le oligarchie, la grande finanza, gli speculatori e le classi più abbienti dell'Occidente vedrebbero messa in seria discussione il loro "diritto" di fatto ad orientare le scelte economiche dei governi.
Renzi per trarsi fuori dall'irrilevanza di questi giorni, vanta le "riforme" varate: Ma quali sono: Quella elettorale e quella del lavoro? E queste dovrebbero, secondo lui, pararci dagli scossoni economici, impedirci di diventare come la Grecia? Ma chi ci può credere? La ripresa, se e quando arriverà almeno un po', la si deve all'ossigeno del Qe di Draghi, all'euro debole, al prezzo del petrolio crollato. Il resto sono fantasie, fumus in faccia agli italiani. Con una verità: che, di fatto, Renzi conferma come queste riforme sono state fatte sotto "dettatura" del direttorio Ue-Bce-Fmi. Se, pur tra mille e mille problemi e altre sofferenze, la Grecia e Tsipras
riusciranno a far sopravvivere la loro idea di una Europa diversa, forse si potrebbe parlare non più di Grexit, bensì di Grenter
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