Passa ai contenuti principali

Il Sabato Del Villaggio Globale - 6 aprile 2024

 



Parte il secondo trimestre dell’economia mondiale e le incognite che già gravavano sui mesi precedenti non sono svanite. Tutt’altro. Non sono peggiorate, se vogliamo essere ottimisti, ma i fattori d’incertezza del quadro mondiale e anche di quello più locale, Europe e Italia per intenderci, non offrono molto spunti di positività. Non immediata, almeno.


Il mondo visto da Cernobbio

Puntuale per dare il là alla primavera finanziaria/economica arriva il 35° Workshop Teha Ambrosetti sul lago di Como. Se nel mondo globalizzato e in transito verso comunicazioni diverse e in prospettiva costruite, il faccia a faccia, il convegno classico e il dibattito hanno un po’ perso la loro centralità rispetto al passato anche recente. Forse il Workshop di Cernobbio e il Forum di settembre risentono un po’ di questa transizione, ma per ora tengono. E il valore del dibattito e del contributo non si discutono.

Grazie per aver letto Umberto’s Substack! Iscriviti gratuitamente per ricevere nuovi post e per supportare il mio lavoro.

Come va, dunque da Cernobbio? L’aria che spira sul lago non è fredda, segnali di un dissiparsi delle nubi più scure degli ultimi anni ci sono. Ma forse non sono abbastanza, perché le incognite restano molte e pesanti. A cominciare dalle due guerre in corso e dal voto europeo di giugno e quella Usa di novembre. Anche per questo se il sentiment si annuncia leggermente positivo, la parola d’ordine è: prudenza, molta prudenza. Il panel del Teha Club Economic Indicator sull’andamento del business in base alle previsioni sposta la lancetta sul bel tempo.

“La rilevazione di marzo posiziona la fiducia sulle prospettive a sei mesi a +39,0 in leggera crescita rispetto al 36,2 di dicembre. Si tratta del trimestre migliore dal marzo 2022”

Per quanto riguarda l’Italia e l’Europa nel suo discorso introduttivo il Ceo di Teha Valerio De Molli ha registrato i punti a favore dell’Unione contro i detrattori e le specifiche su cui la Ue e l’Italia in particolare dovranno lavorare: dalla mancata integrazione del mercato unico in alcuni settori come energia, trasporti e settore finanziario, alla sovrabbondanza di regole, alla divergenza di percezione tra grandi imprese e pmi e la limitata produttività, fattore quest’ultime che affligge soprattutto l’Italia. Tuttavia per De Molli emergono almeno quattro fattori che possono portare a rafforzare la competitività europea a cominciare dall’innovazione e ricerca e sviluppo (in particolare nei software e servizi Ict, nella ricerca medico scientifica, nelle biotecnologie, nei semiconduttori, nell’aerospazio e difesa), alla creazione si aziende champions europee, alla crescita di talenti e delle competenze fino alla creazione di politiche paneuropee che catalizzino investimenti pubblici e privati, seguendo l’esempio del Next Generation Eu

Gli imprenditori, i finanzieri e gli esperti sul lago di Como comunque vedono posivitivo. Lo conferma il primo televoto della giornata che osserva una minore preoccupazione per le guerre, pochi dubbi sulle valute (con il rapporto euro/dollaro visto per le più invariato) e una resistenza sulle performance del 2023 delle aziende (QUI). Mentre sulla mappa dei rischi i timori si concentrano sui rincari del prezzi delle materie prime, sui tassi elevati e meno sull’esito delle elezioni e dei conflitti. Da sottolineare che il 40,9% teme un impatto negativo di un bis di Trump alla Casa Bianca e solo il 16,9 un effetto positivo (QUI).

Lontano da Cernobbio, restano numerosi dubbi, riassunti qui da Mariangela Pira (Sky Tg24):

Sostiene Mariangela

Dove va Putin?

Stefano Feltri nel suo blog Appunti si chiede, con profitto, fin dove vuole arrivare Putin e se la prospettiva di una guerra in Europa con la Nato è concreta oggi o potrà diventarla a breve. Leggete QUI

Il dibattito è tutt’altro che peregrino alla luce di quanto sta avvenendo e ciò che si prepara nei prossimi mesi. La Russia avanza, di poco ma avanza nelle regioni da dov’era stata respinta dagli ucraini. Lo fa in forza della sua superiorità aerea, della grande disponibilità di armi ed esplosivi (Mosca si è in questi due anni di conflitto, riconvertita a un’economia di guerra e ha il sostegno degli arsenali della Corea del Nord ), dei missili e droni che colpiscono in prevalenza civili e infrastrutture per le città e le industrie e del fattore uomo che per il Cremlino non ha valore in quanto vita umana ma molto in quanto combattente, sia esso detenuto, criminale, riservista, disperato o contadino delle regioni più estreme. Inoltre Putin si prepara a gettare in campo altri 150 ila uomini far i 18 e i 30 anni con il decreto di arruolamento firmato a Pasqua. Segno eloquente di voler dare la spallata decisiva a Kiev in difficoltà di uomini e mezzi. A differenza di qualche mese fa ora in Occidente non si nasconde più la paura di un tracollo delle difese ucraine con i russi capaci di occupare Odessa e da lì dettare le condizioni per lo stop. Lo sostiene la Nato (anche se ufficialmente nega), è fra le possibilità reali per il Pentagono, è l’incubo per le cancellerie europee impegnate nella campagne elettorale e senza troppe forze e mezzi da mobilitare. Per non parlare di come dovrebbero spiegarlo alle opinioni pubbliche di Berlino, Parigi o Roma. L’allarme è però reale e la Nato vuole correre ai ripari con il fondo da 100 miliardi anche per rispondere alla richiesta disperata di Kiev di avere i Patriot e difendersi dai micidiali missili russi.

… e dove va Netanyahu?

Se l’intento di Putin è abbastanza evidente - riconquistare per intero le regioni del sud e russofone, conquistare Odessa chiudendo la via del mare e riducendo in modo significativo l’estensione dell’Ucraina -, meno chiare, anzi per niente, sono gli obbiettivi di tel Aviv nell’operazione lancaita su gaza dopo il 7 ottobre. In carniere Netanyahu non ha molto, al di là della vendetta e del prezzo fatto pagare ai palestinesi (non solo ad Hamas, ma a tutti i palestinesi, particolare da non dimenticare): non si decide a lanciare l’offensiva di Rafah, gli ostaggi restano tali e nascosti, i costi per Israele sono alle stelle, i benefici del patto di Abramo ormai dissolti, l’ostilità dei Paesi arabi è tornata quella di un tempo, gran parte del mondo occidentale (e naturalmente quello orientale) è critico e va verso nuovi stop a intese con il governo di ultradestra di Netanyahu, i rapporto con l’America al minimo. E l’immagine compromessa chissà per quanto tempo, pur al netto del massacro senza precedente di ottobre. In apparenza il premier israeliano mira a tirare in là confidando forse nell’avvento di Trump alla casa Bianca, ma in effetti non ha un piano credibile e solido sul dopo Gaza, a meno non sia quello spinto dai fondamentalisti e dai coloni di riprendersi la Striscia e creare lì nuovi insediamenti.

Dopo la strage ultima degli operativo dell’Ong emergono anche dubbi sull’efficacia dell’Idf e sulla sua capacità di gestire una guerra simmetrica come quella contro Hamas se non ricorrendo a alla strategia di annientamento totale di persone e strutture senza badare se siano civili o miliziani.

Ora comincia qualche ammissione dopo la strage degli operatori umanitari e si registra una minima apertura sugli aiuti, dopo la burrascosa telefonata don Biden. ma è ancora poco e insufficiente.

I dubbi sul premier israeliano si diffondono anche tra la popolazione su cui, comunque, ricade il peso di questa guerra in un Paese la cui economia non brillava con questo governo e poggia molto, soprattutto sul piano militare, sul contributo Usa. L’uscita del ministro rivale Benny Gantz che chiede elezioni anticipate rientra in un quadro di incertezza e di smottamento del consenso attorno alla coalizione di destra estrema che Netanyahu cerca appunto di cementare con l’offensiva contro Hamas. Ma anche lui sa che non può durare a lungo e la mancanza di una strategia a medio e lungo termine aggrava la situazione. Anche sull’intera area dove, dopo il blitz contro il consolato iraniano a Damasco che ospitava i vertici dei pasdaran, il confronto con Teheran rischia ogni momento di trascendere anche se gli ayatollah sanno benissimo che un conflitto a distanza con Israele non converrebbe a nessuno, tantomeno a loro che non possono giocarsi il residuo appoggio che hanno dagli strati più conservatori della popolazione. Ma anche solo la minaccia di una ritorsione basta e avanza a far scattare di un’altra tacca il livello della tensione. Anche e soprattutto per questo la pressione Usa è aumentata e crescerà ancora. Con un’opinione pubblica Usa non più così filoisraeliana come un tempo.

L’analisi di Foreign Affairs

“Tra gli americani in generale, le opinioni favorevoli su Israele sono diminuite dal 68% al 58% nell’ultimo anno. Il calo è ancora più marcato tra gli americani più giovani, dove la preferenza è scesa di ben 26 punti percentuali, passando dal 64% al 38%. La guerra di Gaza potrebbe porre le basi per un cambio generazionale nella politica estera statunitense. Gli elettori democratici ora mostrano più simpatia per i palestinesi che per gli israeliani”. (Daniel Byman, Foreign Affairs)

Commenti

Post popolari in questo blog

Il Sabato Del Villaggio Globale - 3 giugno 2023

  🌍Clima & Ambiente🌴 👉  INC2 Parigi. La guerra della plastica.  UN lays out blueprint to reduce plastic waste 80% by 2040 | Reuters Plastic recycling in focus as treaty talks get underway in Paris | Reuters Paris to ban single-use plastic at 2024 Games | Reuters 👉 Energie rinnovabili .  The world is finally spending more on solar than oil production | MIT Technology Review 👉 Acciaio verde.   How green steel made with electricity could clean up a dirty industry | MIT Technology Review

Il Sabato Del Villaggio Globale - 5 giugno 2021

  In Bielorussia la democrazia ha il volto di donna - VoxEurop Front Page Il mondo ha finito le scorte  Global Shortages During Coronavirus Reveal Failings of Just in Time Manufacturing - The New York Times Economy & Pandemic  Cosa manca al super budget di Biden: la forte espansione della crescita  Here's One Thing Missing from President Biden's Budget: Booming Growth - The New York Times Il futuro dell'ufficio? Ibrido. Forse  How Employers Can Build a Successful Hybrid Workplace Il lavoro da casa resterà  Working from home is here to stay, reports NBER | World Economic Forum Come risolvere il paradosso disoccupati e posti di lavoro scoperti  7 chief economists: how to solve the labour market paradox | World Economic Forum Pandemic & Pandemic I primi giorni della pandemia nelle mail di Fauci  Tony Fauci’s emails from April 2020 released under FOIA - Washington Post Se la fuga del virus dal laboratorio cinese fosse vera, si prepara un terremoto politico If the Wuhan

Il Sabato Del Villaggio Globale - 10 giugno 2023

  💣Guerra & dintorni 👉   Senza limiti. La distruzione parziale o meno, della diga di Kakhovka con il suo strascico di morti, devastazione e crimine anche ambientale, segna l'ennesimo salto di qualità, in negativo, nella disgraziata guerra d'invasione scatenata dalla Russia contro l'Ucraina. Una riprova, seppure ve ne fosse bisogno, che Putin pare intenzionato a non fermarsi davanti a nulla soprattutto ora che, lo si avverte anche da quest'ultimo evento, è messo all'angolo dalle sconfitte, dall'isolamento internazionale - dal mondo che conta comunque, perché sul piano numerico fra Cina, India, in parte Brasile che fanno la parte del leone, metà della popolazione terrestre è arruolata dai governi al suo fianco - e dalle montanti critiche nonché attacchi partigiani al proprio interno.